DWF. Donna Woman Femme
Rivista internazionale di studi antropologici storici e sociali sulla donna
Roma, Bulzoni
1975 Anno I, n. 1
Presentazione
(pp. 7-9)
MAGLI Ida
Dalla storia "naturale" alla storia "culturale"
- La donna nella ricerca antropologica, pp. 11-25
MORSELLI DAVOLI Graziella
La donna come soggetto conoscente, pp. 27-35
BUTTAFUOCO Annarita
Il tempo ritrovato. Riflessioni sul mestiere di storica,
pp. 37-47
CONTI ODORISIO Ginevra
La soggezione della donna nella polemica Linguet-Montesquieu,
pp. 49-63
FERRO Filippo Maria
La donna tra ragione e follia. Riflessioni in margine
alla storia dell'ideologia psichiatrica, pp. 65-76
MORREALE Maria Teresa
Malina, o la sopraffazione dell'io femminile,
pp. 77-89
GASBARRO Nicola
Il segno filmico femminile. La donna come metalinguaggio,
pp. 91-109
CAPOMAZZA Tilde (a cura di)
La donna colombiana: presente e futuro, pp. 111-135
BRIA Pietro
Appunti per una psicoanalisi della maternità,
pp. 137-145
MAGLI Ida
Note dell'antropologa, pp. 145-150
BUTTAFUOCO Annarita (a cura di)
Se le donne si debbano ammettere allo Studio
delle Scienze e delle Arti nobili: discorsi accademici di vari autori viventi
intorno agli studi delle donne (la maggior parte recitati dagli autori medesimi)
all'Accademia de' Ricovrati in Padova; 16 giugno 1723, pp. 151-177
Presentazione, pp. 7-9
Presenta il programma scientifico e politico
della rivista, consistente in una revisione critica dell'immagine della donna
che la cultura tradizionale maschile ha prodotto e consolidato con l'ausilio
di tutte le scienze. Per fare questo si utilizzeranno tutti gli strumenti critici
di cui la cultura e la scienza maschile hanno fatto grazia alle donne in un
processo di emancipazione.
torna su
MAGLI Ida, Dalla storia "naturale" alla storia "culturale"
- La donna nella ricerca antropologica, pp. 11-25
Il concetto antropologico di "cultura" ha significato una rivoluzione nello studio dell'uomo. Ha spostato l'enfasi dalla "natura" dell'uomo ai suoi "prodotti" collettivi e cumulativi. Prima della nascita dell'antropologia culturale la storia dell'uomo era una storia "naturale". Dall'antichità, attraverso il Medioevo, fino al Rinascimento e oltre, era la cosmobiologia, quel nesso vitale tra la terra e il cielo, tra dei e uomini, che rendeva intelligibile l'universo. Anche la storia della donna era una storia "naturale" - poiché i suoi ritmi la legavano strettamente ai cicli cosmici.
Con l'Illuminismo, la visione cosmobiologica
portò a una concezione organicistica, scientifica, dell'universo collegando
la dimensione fisica a quella morale e psicologica, una scienza dunque che connetteva
più radicalmente la storia della donna alla sua "natura". Solo
con la scoperta del concetto di "cultura", che abbraccia una visione
globale della realtà, diventa possibile individuare la vera storia della
donna.
torna su
MORSELLI DAVOLI Graziella, La donna come soggetto conoscente, pp. 27-35
Una scienza in cui la donna è soggetto
conoscente è una parte distinta dell'epistemologia. L'individuazione
di essa all'interno della conoscenza in generale può essere spiegata
o in termini speciali (ma così dà origine a scienze che sono rilevanti
solo in specifici contesti storici e sociali) o attraverso l'ipotesi della pluralità
delle logiche. È necessario delineare
un panorama statistico e descrittivo e un'analisi formale del pensiero scientifico
femminile nella sua specificità, in modo da mettere in rilievo le sue
costanti strutturali e assicurare la loro traducibilità nella teoria.
La formulazione di una teoria della scienza con
la donna quale soggetto epistemico è sia un atto politico (poiché
dalla consapevolezza del loro "universo logico" le donne possono derivare
il potere necessario per influenzare la trasformazione della società)
sia la preparazione a una sintesi filosofica "radicale e fondamentale":
prima di tutto perché la stessa metodologia dovrà essere originale;
in secondo luogo perché, nell'esplorare il pensiero fino alle origini
di ogni diversità, può essere in grado di riformulare il rapporto
soggetto-oggetto nella conoscenza e contribuire, attraverso la consapevolezza
epistemica del soggetto femminile vivente, alla costruzione della futura scienza
umana, oltre la stessa scienza "maschile".
torna su
BUTTAFUOCO Annarita, Il tempo ritrovato. Riflessioni sul mestiere di storica,
pp. 37-47
L'autrice analizza il ruolo delle storiche. Ritiene che la disciplina storica stia attraversando una crisi. Tale crisi è dovuta alla scoperta di una nuova storia che è mitica, ripetitiva e primitiva; a una nuova economia e alla scoperta della lunga durata. Le donne, che vogliono avere a che fare con la storia in quanto disciplina devono prendere in esame una storia totale e non più parziale come lo è stata finora.
Devono rifiutare l'immobilismo culturale esistente
e accettare il discontinuo: in una parola, devono esporsi alla storia. Più
significativamente, la storica deve restituire alla storia la storia della donna
- ad esempio, una storia in cui le donne sono partecipanti attive e soggetti
e non oggetti passivi, soltanto agiti. In questo modo, la storia non sarà
più concepita come lo è stata fino ad ora, "his-story",
o storia dell'uomo. Diventerà storia di tutta l'umanità.
torna su
CONTI ODORISIO Ginevra, La soggezione della donna nella polemica Linguet-Montesquieu,
pp. 49-63
La soggezione della donna è stata attentamente
esaminata nel XVIII secolo da S.H.N. Linguet, un saggista interessante e originale.
Egli ha cercato di analizzare il fenomeno e di spiegare come questa soggezione
si è rafforzata attraverso i secoli. Il suo attacco polemico a Montesquieu
rivela il modo diverso in cui i due scrittori valutano il ruolo pubblico e privato
delle donne in una società eminentemente patriarcale. Queste differenze
sono importanti dato che il pensiero di Montesquieu ha profondamente influenzato
la legislazione dei paesi occidentali.
Nel prendere diverse posizioni politiche essi
configurano diverse soluzioni a favore dell'emancipazione delle donne. Nel liberalismo
di Montesquieu ciò sarebbe dovuto avvenire attraverso una graduale assimilazione
delle donne ai modelli maschili. Nella democrazia autoritaria di Linguet, la
società patriarcale e la libertà femminile sono visti come profondamente
incompatibili e si riconosce la necessità di un cambiamento della società.
torna su
FERRO Filippo Maria, La donna tra ragione e follia. Riflessioni in margine
alla storia dell'ideologia psichiatrica, pp. 65-76
La storia dell'oppressione della donna può essere ricostruita dal punto di vista della storia culturale. Vengono qui esaminati alcuni aspetti di tale oppressione nello sviluppo dell'ideologia psichiatrica. Gli esempi tratti dal pensiero occidentale vanno dall'antichità classica fino all'epoca moderna. Scelti a caso, hanno sempre lo scopo di stimolare un ripensamento critico dell'atteggiamento psichiatrico nei confronti della donna.
La possibilità di un approccio differente
alle donne nell'ideologia psichiatrica sta guadagnando terreno all'interno del
movimento della "nuova psichiatria", in parte attraverso la revisione
delle teorie psicoanalitiche e in parte attraverso il confronto con il cosiddetto
movimento "antipsichiatrico".
torna su
MORREALE Maria Teresa, Malina, o la sopraffazione dell'io femminile,
pp. 77-89
Malina, un romanzo dell'autrice austriaca Ingeborg
Bachmann, morta a Roma nell'ottobre del 1973, esprime l'estremo malessere di
una donna incapace di avere un rapporto soddisfacente sia con la realtà
che la circonda sia con i due uomini con i quali, in modi diversi, divide la
vita.
Il saggio di M. T. Morreale sottolinea la connessione tra la protagonista e
l'autrice del racconto. E la più generale condizione di isolamento in
cui una donna, per quanto emancipata e libera possa essere, si trova costretta
a vivere oggi.
Malina, un racconto autobiografico accurato ed
espressivo nella forma, istituisce uno stretto nesso tra la protagonista e l'autrice.
Bachmann, la cui vita era quella di un'intellettuale, di una scrittrice e insieme
di una donna, una vita intensa e piena di sofferenza al contempo, dà
al suo racconto una dimensione esistenziale che coinvolge tutte le donne avvertite
della "condizione femminile", come elemento di discriminazione, così
come tutte quelle che ne stanno gradualmente prendendo atto. E poiché
una donna non è un'entità separata dalla specie, il tema del racconto
riguarda tutta l'umanità.
torna su
GASBARRO Nicola, Il segno filmico femminile. La donna come metalinguaggio,
pp. 91-109
Nei film e nelle donne, all'interno della cultura
occidentale, esiste una contraddizione fondamentale: entrambi sono rispettivamente
"valori" e "segni" di questi "valori".
Il film è un "valore" per i contenuti che trasmette: è
un "segno" per i "codici di comunicazione" che utilizza.
Inoltre lo stesso uso di codici è un "valore" dal punto di
vista antropologico. Le donne in una società patriarcale, come la nostra,
anche quando hanno propri "valori", sono spesso "segni"
di valori maschili.
Nei film questo "sfruttamento semiotico"
delle donne è portato all'estremo grazie ad un artificio metalinguistico.
Il metalinguaggio filmico usa la "donna segno" per dare nuovi significati
che si sovrappongono a quelli usuali. Anche quando le donne sembrano esprimere
i loro propri valori, in realtà stanno trasmettendo contenuti maschili.
È necessario che le donne si liberino dal metalinguaggio.
torna su
CAPOMAZZA Tilde (a cura di), La donna colombiana: presente e futuro,
pp. 111-135
Le donne colombiane, come molte altre, sono
forzate a dedicare tutta la loro vita alla casa e alla famiglia. In aggiunta
a questa forma di discriminazione, comune ad altre culture, le donne colombiane
sono anche fortemente discriminate a livello economico, giuridico e politico.
Di conseguenza trovano difficoltà a entrare nei processi produttivi caratterizzati
da un mercato del lavoro estremamente instabile, insicuro che priva di garanzie
uomini e donne.
Ma anche quando il privilegio di un certo tipo di educazione le mette in grado di aspirare a un'attività lavorativa, sorgono due problemi principali: 1) conflitti psicologici tipici dei cambiamenti delle norme e 2) difficoltà oggettive derivanti da una società ancora carente di servizi sociali. L'indagine è tratta da un gruppo di ricerche del CIAS (Centro de Investigation y Accion Social) di Bogotà.
Tilde Capomazza ha tradotto il testo e lo ha
combinato e integrato con una serie di osservazioni storiche, antropologiche
e soprattutto sociopolitiche, nell'intento di renderlo più comprensibile
alle lettrici non colombiane. In particolare la condizione delle donne è
analizzata in rapporto al contesto sociopolitico e alle decisioni politiche
delle élites di potere.
torna su
BRIA Pietro, Appunti per una psicoanalisi della maternità, pp.
137-145
In questo lavoro l'autore propone una prima interpretazione psicoanalitica di alcune caratteristiche comportamentali delle donne durante la gravidanza e il parto. Il comportamento descritto sembra essere causato da un'aggressività inconscia che la madre manifesta verso il bambino che deve nascere. Questa aggressività è presumibilmente dovuta a un meccanismo psicologico per il quale la donna incinta si identifica con "un'immagine archetipica materna" che la conduce a vivere il doppio ruolo di figlia e di madre.
Tale situazione conflittuale si rivela sia nelle
fantasie della donna, spesso centrate sulla sua stessa nascita, sia nella paura
di danneggiare il figlio durante il parto. Questo fenomeno è determinato
dalla difficoltà che l'inconscio femminile ha a riconoscere il bambino
come un'entità distinta dal corpo della madre.
torna su
MAGLI Ida, Note dell'antropologa, pp. 145-150
Nelle successive note antropologiche, viene proposta una diversa interpretazione dello stesso fenomeno. Il significato sociale e culturale della gravidanza e della maternità deve essere inserito in modo attivo nelle spiegazioni psicoanalitiche e psichiatriche; dev'essere interpretato ad esempio a seconda dei diversi gruppi umani.
Va sottolineato che in ogni cultura i difetti
fisici del bambino sono attribuiti a colpe e/o a voglie della madre, fatto questo
che potrebbe spiegare la paura delle donne di danneggiare il bambino durante
il parto. Occorre sottolineare il fatto che le donne incinte sono inclini a
esperire una relazione con un mondo trascendente e con il "potere"
dei morti e di un "altro mondo". Questa esperienza non appartiene
all'immaginazione della donna, poiché è classificata in questo
modo in ogni cultura.
torna su
BUTTAFUOCO Annarita (a cura di), Se le donne si debbano ammettere allo Studio
delle Scienze e delle Arti nobili: discorsi accademici di vari autori viventi
intorno agli studi delle donne (la maggior parte recitati dagli autori medesimi)
all'Accademia de' Ricovrati in Padova; 16 giugno 1723, pp. 151-177
Testi offerti nella
sezione "Materiali", dai quali possono nascere spunti di ricerche,
di riletture critiche, di approfondimento.