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Un invito, pp. 3-4
Dibattito [Movimento e istituzioni]
pp. 5-45
PAOLINI Renata
Una legge per la parità di trattamento tra uomini e
donne in materia di lavoro: rilievi critici, pp. 46-80
ULIVIERI Simonetta
La donna nella scuola dall'unità d'Italia a oggi:
leggi, pregiudizi, lotte e prospettive, (terza parte), pp. 81-105
MICELA Rosaria
Per una storicizzazione del concetto di "oppressione".
Rilettura delle teorie lévi-straussiane di "proibizione dell'incesto"
e di "scambio" delle donne, pp. 106-120
BREDI Daniela
Con le donne del villaggio di Kanyal (Punjab), pp. 121-131
Un invito, pp. 3-4
Bilancio del primo anno di attività.
Annuncio dell'apertura della Biblioteca e del Centro Studi "Donna Woman
Femme" presentati alle pagine 159-160.
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Dibattito [Movimento e istituzioni], pp. 5-45
Ecco l'argomento di una conversazione organizzata
da "nuova dwf" tra Mariella Gramaglia e Manuela Fraire, del movimento
femminista, Margherita Repetto dell'Unione Donne Italiane e Giglia Tedesco,
deputata comunista. L'insuccesso, nel giugno scorso, della legge sull'aborto
è stato il punto di partenza per esaminare le caratteristiche del movimento
femminista in una prospettiva storica e per individuare le contraddizioni interne
così come i suoi rapporti con la sinistra italiana.
Il problema della distinzione tra emancipazione
e liberazione femminile ha fatto esplodere i contrasti più significativi.
La necessità, in questo momento storico, di una forte autonomia del movimento
delle donne è stata riconosciuta e sottolineata dalla generalità,
senza che si siano pertanto perdute di vista le difficoltà di ordine
pratico.
L'unificazione, infatti, delle diverse aggregazioni
femministe - prima di tutto del movimento femminista propriamente detto e dell'Unione
Donne Italiane, più legata alla vita politica dei partiti e del movimento
sindacale - pretende strategie politiche complesse che dovranno essere stabilite
sulla base di obbiettivi prioritari ben definiti. L'unificazione nella diversità
sembra, in ogni modo, l'unica maniera per uscire da una crisi di identità
politica abbastanza diffusa nelle aggregazioni di donne.
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PAOLINI Renata, Una legge per la parità di trattamento tra uomini
e donne in materia di lavoro: rilievi critici, pp. 46-80
Questo progetto, approvato il 30 giugno scorso
dal Senato, si presenta come una delle ipotesi più significative per
un intervento legislativo sulla condizione della donna in Italia, poiché
dovrebbe servire ad eliminare la storica emarginazione della donna nell'ambito
del lavoro. L'esame della profondità di tale emarginazione da un lato
conferma la necessità di interventi assai più incisivi nel campo
delle riforme sociali ed economiche, dall'altro rende particolarmente evidente
e intollerabile il fatto che il progetto approvato manchi di contorni ben delimitati
e di una accettabile operatività.
Molti dubbi, sia per ragioni strettamente tecniche
sia, più in generale, per ragioni politiche si possono avanzare sull'utilità
effettiva della legge per una realizzazione delle aspirazioni delle donne nel
campo dei rapporti di lavoro. Da qui la necessità di iniziative politiche
volte ad ottenere, da parte del Parlamento, un secondo esame, più preciso,
della presente legge e capace di produrre un cambiamento sostanziale.
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ULIVIERI Simonetta, La donna nella scuola dall'unità d'Italia a oggi:
leggi, pregiudizi, lotte e prospettive, (terza parte), pp. 81-105
Nella terza parte della sua analisi sulla posizione
delle donne italiane nell'insegnamento, l'autrice si occupa degli anni dal dopoguerra
fino ai nostri giorni. Benché la Repubblica, in via di principio, abbia
dichiarato l'eguaglianza tra uomini e donne, la discriminazione delle donne
nel mondo del lavoro continua fino ad oggi. Anche nell'insegnamento, malgrado
una serie di nuove norme, sussistono alcune discriminazioni dell'epoca fascista.
L'articolo si conclude con una presentazione delle proposte più recenti
fatte nel Parlamento Italiano per eliminare ogni discriminazione a danno delle
donne insegnanti.
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MICELA Rosaria, Per una storicizzazione del concetto di "oppressione".
Rilettura delle teorie lévi-straussiane di "proibizione dell'incesto"
e di "scambio" delle donne, pp. 106-120
L'autrice rileva un'ambiguità costante
alla base dell'interpretazione antropologica della donna nelle diverse culture.
La donna è stata sempre accostata alla natura - ai confini della cultura.
Alcune teorie antropologiche hanno largamente contributo alla formazione di
un'ideologia che si basa su pretesi valori maschili e femminili. L'autrice si
propone una revisione critica delle teorie dell'antropologia culturale riferite
alle donne. E si oppone particolarmente alle interpretazioni idealistiche di
Lévi-Strauss.
Per questo autore le "strutture sociali"
non coincidono con l'organizzazione sociale concreta, ma corrispondono a uno
schema inconscio invariabile sul quale si fonderebbero i sistemi sociali, le
cui diversità storiche e culturali non rappresenterebbero che delle variazioni.
La critica marxista a Lévi-Strauss impone l'individuazione delle radici
materiali dei fenomeni sociali, come la proibizione dell'incesto o lo scambio
delle donne, e di darne una spiegazione materialistica. Le strutture parentali,
viste sotto questo aspetto, dipendono dunque dai rapporti di produzione nel
loro insieme, la contraddizione originaria tra i sessi - poiché le donne
detengono il potere riproduttivo - essendo il fondamento essenziale della divisione
del lavoro.
Da qui la necessità, da parte degli uomini,
del controllo sociale sulla procreazione, che è all'origine del potere
maschile. Questo ci porta a mettere in questione il concetto universalistico
e metastorico dell'oppressione della donna, che non prende in considerazione
i fatti storici e socio-economici concreti. A livello simbolico si impone ugualmente
una metodologia materialistica. L'equivalenza stabilita da Lévi-Strauss
di donna-segno-natura, vista sotto questa luce si rivela come una mistificazione
che contribuisce a rafforzare l'egemonia degli uomini sulle donne.
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BREDI Daniela, Con le donne del villaggio di Kanyal (Punjab), pp. 121-131
Intenzionata a fare un'inchiesta sulle modalità
del processo di politicizzazione nelle regioni rurali del Pakistan, l'autrice
è stata costretta dai suoi ospiti pachistani a conformarsi ai costumi
delle donne del villaggio; questo ha sconvolto completamente i suoi progetti
ma le ha permesso, in cambio, un'esperienza unica: l'osservazione partecipante
dell'oppressione della donna contadina del Pakistan. Si tratta di un approccio
empirico, assolutamente consapevole del rischio di una prospettiva eurocentrica.
Le regioni rurali pachistane si differenziano
molto, dal punto di vista culturale, dalle zone urbane. Parallelamente ai principi
musulmani si nota la persistenza - soprattutto a livello della vita quotidiana
- dei costumi ancestrali della regione. Questo è particolarmente evidente
quando si osserva il comportamento delle donne, di cui questo articolo fornisce
una documentazione accurata.
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