Con una lettera di Giorgio Napolitano.
“Così a ottobre cominciò la strana collaborazione”. E’ l’autunno del 2008 quando Antonia Tomassini inizia a collaborare con Franca Chiaromonte al Senato, dove Franca è stata eletta per la prima volta, dopo tre legislature da deputata. Franca ha bisogno di aiuto per poter lavorare, esprimersi e intervenire con le disabilità provocate dalla lesione vascolare celebrale – l’incidente, come Franca lo chiama – che le è capitato quattro anni prima. La ‘strana’ collaborazione tra le due donne – diverse per età, formazione, appartenenze politiche – è tutta inedita e da inventare, dentro il Senato e fuori. Si tratta di consentire sulla possibilità che Antonia parli in vece di Franca, che le dia la voce, che partecipi con lei alla vita parlamentare e che intervenga per lei agli incontri politici. Il libro, pubblicato nella collana ‘Transatlantico’, raccoglie le riflessioni delle due autrici sull’esperienza importante e avvincente del dare forma e contenuti a quella ‘strana collaborazione’. Anche chi non conosce le istituzioni italiane e la loro cultura amministrativa può capire gli azzardi della semplice richiesta di Franca e di Antonia: si tratta di sganciare il corpo dalla voce e dalla scena, di cambiare le regole basate sull’unità di corpo/presenza/parola di ogni persona nel lavoro quotidiano (e non in un’esperienza mistica). Non stupisce che la loro battaglia sia stata vinta a metà: sì per la partecipazione ai lavori delle commissioni al Senato, no per le sedute in aula di Palazzo Madama. Il libro ci consente oggi di informarci su quel lavoro, sul suo senso politico, sulle questioni che apre.
Nel tandem dei ricordi, le autrici ricostruiscono ‘senza sconti’ le incomprensioni, i conflitti e le azioni positive di quelle/i che hanno incontrato durante il percorso comune al Senato. Rispetto alla vita delle istituzioni parlamentari, o a quella dei gruppi di partito, Franca e Antonia fanno esplicitamente attenzione ad intrecciarla con quella degli altri movimenti politici cui partecipano e con la storia interna della loro collaborazione. E’ questo duetto, oltre alle doti personali, che permette loro di trovare il lato comico di sedute noiose, di giochi di potere tra segreterie dei partiti e piccole comunità di esperti, di sedute notturne farcite di cibo ‘spazzatura’. L’ironia però evidenzia ancora di più il lato imbarazzante della classe politica con cui si confrontano: l’ottusità dei ragionamenti e del dibattito parlamentare quando si tratta di trovare regole comuni per nuove esperienze dei corpi (p.e. le disabilità nelle metropoli, le dipendenze primarie fuori dalla famiglia, le malattie degenerative nel mercato del lavoro, ecc.).
E’ emblematico il tipo di domanda che Antonia e Franca si sentono rivolgere quando chiedono di poter estendere alla sedute in aula la prassi sperimentata in commissione. “E se la persona che parla in nome di un altro esprime le proprie idee e non quelle di chi l’ha delegato? La domanda ci è stata ripetuta tante volte..”. Quella domanda, cui non ha senso dare una risposta astratta, è un buon esempio della cattiva abitudine – politicamente trasversale – di pensare per ‘pseudo ragionamenti’, che partono da un postulato falso (esiste una delega e un soggetto delegante) per non rispondere ad una esigenza concreta (esiste una collaborazione e due donne che sperimentano), senza ascoltare altri punti di vista (qualche altra scienza?), senza partire da sé (quante volte mi sento disabile in un giorno?).
Rispetto ai temi propri del femminismo, il libro è interessante e ha molto da dire. Prima di tutto per la sua forma stilistica (un dialogo) in cui si mescolano rievocazioni dirette, testi scritti, lettere ufficiali, opinioni personali, documenti parlamentari, curiosità, vita quotidiana. Poi perché rappresenta la positività di un rapporto tra due donne senza farla diventare un caso esemplare. Franca e Antonia riescono ad esprimere diversità rilevanti di opinioni sui fatti politici che vivono (per esempio la valutazione della manifestazione di ‘Se non ora quando’ o della questione dell’immunità parlamentare) scampando alla mortificazione reciproca o allo stigma delle proprie comunità di riferimento. Antonia può vedere i limiti delle relazioni tra donne della sua generazione guardando alla rete di donne che struttura la vita materiale di Franca; Franca può (sbuffando) imparare dalla passione di Antonia per le statistiche. Infine il libro è importante perché Franca racconta in prima persona il suo ‘incidente’, il rapporto con il corpo, la riabilitazione, il ritorno, il come sia “del tutto e irriducibilmente cambiata.
Paola Masi in DWF (101) Fuori di noi. Le parole del femminismo, 2014, 1