Monique Wittig di Eva Feole e Sara Garbagnoli è un libro di agile lettura che introduce alla produzione saggistica e narrativa della grande scrittrice lesbica francese. Edito da DeriveApprodi in una collana consacrata ai classici del pensiero politico contemporaneo raccontati in cinque parole chiave, il libro è un riconoscimento implicito dell’importanza di Wittig nella teoria politica femminista dell’Europa continentale, e mediterranea in particolare, che arriva in un momento di grande effervescenza in Italia intorno al nome dell’autrice.
Per anni rimasta estranea ai grandi circuiti della teoria femminista italiana per via dell’egemonia al suo interno del paradigma della differenza sessuale, Wittig è oggi un’autrice di riferimento del femminismo queer italiano: i suoi saggi teorici e letterari sono al centro di (ri)traduzioni e pubblicazioni, seminari di approfondimento, letture collettive, riprese creative. Se questa consacrazione di Wittig è potuta accadere è stato però anche grazie alla tenacia del movimento lesbico italiano, e in particolare al lavoro di quelle ricercatrici militanti come Simonetta Spinelli, Teresa de Lauretis, Rosanna Fiocchetto, Margherita Giacobino che dagli anni Novanta ne hanno pioneristicamente diffuso le analisi, traducendo in italiano alcuni suoi testi o usandoli per implementare la visibilità lesbica e la critica del sistema di potere naturalizzato dell’eterosessualità all’interno e all’esterno del movimento delle donne italiano. Nelle decadi più recenti, tra queste ricercatrici militanti, ci sono sicuramente anche le autrici del libro, Eva Feole e Sara Garbagnoli. La prima letterata, la seconda sociologa, entrambe si occupano da tempo in dialogo con gli studi internazionali dell’opera di Wittig, a cui hanno già dedicato diverse pubblicazioni. Con questo libro a loro va il merito di aver prodotto un’introduzione semplice e raffinata di un’autrice non sistematica, eclettica e affascinante, ma, proprio per questo, non di così immediata comprensione; un’autrice, il cui pensiero, per intenderci, è stato frainteso persino da Judith Butler.
Pensato, secondo le direttive della collana, come un’introduzione per neofite e neofiti, il libro si divide in cinque capitoli, che corrispondono alle cinque parole chiave individuate da Feole e Garbagnoli per decifrare il pensiero e la poetica di Wittig: in ordine, femminismo materialista, pensiero straight, cantiere letterario, corpo lesbico e cavallo di troia. Il libro procede per gradi, introducendo innanzitutto chi legge alla corrente femminista in cui si situa l’attività teorica e politica di Wittig, ovvero il femminismo materialista. Di quest’ultimo le autrici enucleano i punti chiave: lo studio dei rapporti tra uomini e donne in termini di classe, l’analisi del sesso e della razza quali operatori di gerarchia e disuguaglianza sociale, il rifiuto della politica della differenza in favore di un orizzonte di lotta radicale e utopica alle istituzioni che producono il sessismo, lo sfruttamento del lavoro di cura delle donne e la nozione stessa di differenza femminile. Il secondo capitolo entra nel merito dell’apporto teorico fornito da Wittig al femminismo materialista. Le autrici esaminano la sua analisi dell’eterosessualità come regime politico che fa esistere la categoria di sesso, ricostruendone in particolare il funzionamento normativo e opprimente sul piano ideologico-discorsivo: ciò che Wittig chiama pensiero straight e da cui Butler attingerà per elaborare la sua idea dell’eterosessualità come matrice di intelligibilità discorsiva omotransfobica che dà forma a corpi e desideri. Sempre nel secondo capitolo Feole e Garbagnoli delineano poi l’interpretazione dell’esistenza lesbica di Wittig quale forma di vita che può più facilmente rompere con e sfuggire ai meccanismi dello sfruttamento eteropatriarcale, interpretazione che viene ripresa e approfondita in dialogo con i testi letterari anche nel quarto capitolo. Intitolato “corpo lesbico”, in esso le autrici danno corpo e sostanza alla celebre frase «le lesbiche non sono donne» che chiude il saggio The Straight Mind attraverso un’intrigante analisi della rappresentazione delle personagge, dei loro corpi e atti nelle diverse opere letterarie della scrittrice. Questo capitolo interamente dedicato a lesbismo, letteratura e distruzione dei ruoli e delle forme estetiche imposte alle persone di sesso femminile, è però preceduto da una sezione intitolata “cantiere letterario”, dove Feole e Garbagnoli illustrano la teoria del linguaggio di Wittig come “arma a doppio taglio” e la sua idea e pratica della letteratura come luogo privilegiato per sperimentare contro e oltre le forme imposte dal pensiero straight. Il libro, infine, si chiude con un capitolo che riprende sul piano teorico l’intreccio tra politica femminista, linguaggio, scrittura e soggettivazione minoritaria, approfondendo in particolare la teoria della scrittura minoritaria dell’autrice e la “passione lesbica” che la innerva.
Grazie alla differente e complementare formazione delle due autrici, il libro non sacrifica nessuno degli aspetti di Wittig, militante, scrittrice e teorica al contempo, e produce un ritratto fedele dei suoi obiettivi e intenti. Inoltre, non cedendo all’uso di un linguaggio retorico e allusivo, le autrici riescono molto bene a fare luce sull’ethos critico-creativo lesbico femminista di Wittig, lasciando così a chi legge la possibilità e l’onere di comprenderlo e riprodurlo nel presente. Nonostante infatti gli anni passino e i testi di Wittig invecchino, la sua lotta reale e immaginaria per un mondo libero dal sessismo e dall’eteronormatività, o, come lei scrive, «al di là della categoria di sesso», rimane una sfida quanto mai attuale.
Irene Villa in Facciamo scuola. Oltre l’istruzione patriarcale