Nuova DWF. Donna Woman Femme
Quaderni di studi internazionali sulla donna
Roma, Coines Edizioni, poi Editrice coop. UTOPIA, 1976-1985
Donna e ricerca storica, 1977, n. 3
EDITORIALE, pp. 3-6
ZEMON DAVIS Natalie
La storia delle donne in transizione: il caso europeo,
pp. 7-33
STIEFELMEIER R. Dora
Sacro e profano: note sulla prostituzione nella Germania medievale,
pp. 34-50
BUTTAFUOCO Annarita
Eleonora Fonseca Pimentel: una donna nella Rivoluzione,
pp. 51-92
GITTINGS G. Diana
Vita matrimoniale e controllo delle nascite tra le due guerre
in Inghilterra, pp. 93-114
ULIVIERI Simonetta
La donna nella scuola dall'unità d'Italia a oggi: leggi,
pregiudizi, lotte e prospettive, (seconda parte), pp. 115-140
MOLINARI Sergio
Aspetti della questione femminile nella cultura maschile
russa dell'Ottocento, pp. 141-170
I rapporti tra i sessi sono di natura sociale e non "biologica", pertanto la storia delle donne è ricostruibile, nelle sue linee di tendenza generale, all'interno dello sviluppo dei rapporti tra i sessi, che varia a seconda dell'organizzazione sociale.
Occorre tenere presente però che nel rapporto uomo-donna c'è l'elemento fisico, estraneo alla lotta di classe, c'è talvolta l'elemento affettivo che costituisce un terreno di analisi del tutto diverso da ogni altro campo dell'indagine storica, così come il "tratto" socio-culturale della sessualità, sulla base del quale è addirittura possibile stabilire una periodizzazione storica diversa da quella tradizionale. Il numero rappresenta un tentativo di applicazione di diverse metodologie, in vista dell'elaborazione, da parte delle donne, di strumenti teorici nuovi, per ricostruire la nostra storia di donne.
ZEMON DAVIS Natalie, La storia delle donne in transizione: il caso europeo,
pp. 7-33
La ricerca storica moderna che si occupa delle donne (effettuata in gran parte da donne) ha rivolto il suo interesse dalle "donne illustri" allo studio delle condizioni materiali di vita di tutte le donne delle diverse classi sociali. Lo studio dei ruoli sessuali non solamente introduce nella storiografia nuovi materiali e nuovi temi (soprattutto quelli legati alla sessualità), ma mette in questione le stesse basi teoriche della disciplina storica.
Si rende necessario un ripensamento di alcuni concetti: il potere, le strutture sociali, la proprietà, i simboli e la periodizzazione. Lo studio della condizione delle donne - non come soggetti separati dagli uomini, ma in relazione con loro - esige una messa in questione dell'uso tradizionale di termini come 'cultura', 'natura', 'pubblico', 'privato' e la creazione di strumenti concettuali più adeguati. L'articolo è completato da una ricca documentazione bibliografica.
STIEFELMEIER R. Dora, Sacro e profano: note sulla prostituzione nella Germania
medievale, pp. 34-50
La prostituzione, un fenomeno sociale estraneo al mondo germanico - almeno in proporzioni significative - fu introdotta dai romani, principalmente attraverso il vagabondaggio di massa (tipico dell'antichità greco-romana) e composto di uomini e di donne dedicati all'intrattenimento delle persone. Le fila dei vagabondi si arricchirono ben presto di elementi germanici, e ciò produsse una mescolanza delle diverse culture in materia.
La prostituzione pubblicamente organizzata che si trova in tutte le città germaniche a partire dal dodicesimo secolo come risposta a una situazione sociale esplosiva, è strettamente legata al mondo culturale dei vagabondi, come risulta dall'insieme dei costumi e delle credenze che hanno per oggetto la prostituzione: il trattamento legale, gli usi popolari, i proverbi, la superstizione, ecc.
La prostituta, in effetti, appariva come una figura estremamente ambigua, sia perché costituisce una trasgressione ai ruoli e ai modi di comportamento previsti dall'ordine cristiano e corporativo dell'epoca, sia perché rappresenta, come la strega, un residuo del patrimonio culturale anteriore al cristianesimo. Per il suo carattere sovversivo provoca nello stesso tempo paura e venerazione.
BUTTAFUOCO Annarita, Eleonora Fonseca Pimentel: una donna nella Rivoluzione,
pp. 51-92
Eleonora Fonseca Pimentel è stata la prima giornalista politica italiana. Partecipò alla Rivoluzione giacobina di Napoli del 1799 con un giornale - il "Monitore Napolitano" - che rimane uno dei documenti più interessanti di quegli avvenimenti drammatici. La storiografia ha per lungo tempo ignorato questa rivoluzionaria o, nel migliore dei casi, l'ha citata come compagna "virile" dei giacobini napoletani.
La scoperta degli atti del processo di separazione
matrimoniale di Eleonora fornisce elementi preziosi sulla sua vita privata.
Sposata a un capitano dell'esercito borbonico, fu costretta a subire violenze
incredibili da parte di un marito rozzo e incolto che non accettava che lei
studiasse e che fosse politicamente impegnata. Episodi tragici, come per esempio
il rischio di essere gettata dalla finestra, segnano la vita coniugale di Eleonora
al punto di spingerla a richiedere la separazione.
La seconda parte dell'articolo è dedicata ai rapporti tra Eleonora e la Rivoluzione: il suo interesse specifico per il popolo, trascurato dai giacobini, e la sua brama ardente di libertà e di riforme ne fanno una rivoluzionaria sensibile a tutti gli aspetti della vita economica e spirituale. Come testimonianza della sua attività resta soprattutto la sua campagna in favore del sistema repubblicano basato sul consenso popolare; da qui nasce l'esigenza di usare il dialetto napoletano anziché una lingua "straniera" come il toscano o lo stesso francese.
Eleonora è stata perseguitata con una violenza tutta particolare dalla Reazione: fu impiccata il 20 agosto 1799 nella Piazza del Mercato di Napoli.
GITTINGS G. Diana, Vita matrimoniale e controllo delle nascite tra le due
guerre in Inghilterra, pp. 93-114
L'autrice tenta una spiegazione della riduzione del numero di figli per famiglia registrata in Inghilterra negli anni trenta, usando una serie di interviste con donne che all'epoca erano incinte o in età fertile. L'accento è posto sull'atteggiamento delle donne nei confronti del problema della dimensione delle famiglie, e l'analisi è condotta per gruppi sociali.
Gli elementi principali che influenzano - secondo l'autrice - questo atteggiamento sono: il grado di informazione in materia sessuale, il grado di familiarità con i metodi anticoncezionali, lo standard di vita desiderato, gli ideali rispetto all'educazione dei figli. Diana Gittings, basandosi sui risultati empirici ottenuti, arriva alla conclusione che l'atteggiamento delle donne in materia familiare è principalmente determinato dal modo di vita e dall'attività prematrimoniale. Lo status economico e sociale del marito a questo riguardo è secondario.
Per quel che riguarda il comportamento delle classi operaie - a differenza di quello che sostengono i rapporti demografici classici e a differenza della situazione del XIX secolo - il cambiamento registrato non è la conseguenza di una pressione da parte delle classi medie che, al contrario, hanno negato ogni informazione utile per la pianificazione familiare. È il risultato di una maturazione autonoma.
ULIVIERI Simonetta, La donna nella scuola dall'unità d'Italia a oggi:
leggi, pregiudizi, lotte e prospettive, (seconda parte), pp. 115-140
Continuando la sua analisi della posizione delle donne italiane nell'insegnamento, l'autrice in questa seconda parte si occupa dell'epoca fascista che è stata caratterizzata dall'espulsione delle donne dall'insegnamento della storia e della filosofia, dall'impossibilità per le donne di diventare rettore e dall'atteggiamento generale sfavorevole da parte del Regime nei confronti delle donne lavoratrici. Nella Resistenza, al contrario, le donne parteciparono alla lotta armata e alla ricostruzione del paese.
MOLINARI Sergio, Aspetti della questione femminile nella cultura maschile
russa dell'Ottocento, pp. 141-170
Il realismo byroniano rapidamente assimilato dalla cultura russa vi acquisisce una dimensione etico-politica. L'etica intesa come negazione del sé diventa una funzione integrante del dominio politico (inteso come affermazione dell'altro). In un contesto sociale e storico che impedisce ogni attività politica esplicita, la contestazione della classe sociale d'appartenenza si riduce a una denegazione di se stessi. La rivoluzione diventa autopunizione.
La produzione letteraria (maschile) russa, sotto questo aspetto, affronta la questione femminile per compensare una millenaria oppressione delle donne. La polemica esplicita sulla donna esplode negli anni cinquanta e pervade tutta la cultura democratica russa. Il "femminismo" russo, caratterizzato da un progressismo superficiale e indefinito, maschera in effetti un "maschismo" profondo e irrazionale. Attraverso un esasperato storicismo tutto è spiegato e giustificato, ma niente cambia; la responsabilità individuale scompare.
A ciò si aggiunga una funzione essenziale della donna nella cultura russa del diciottesimo secolo : quella di giudice letterario, idea legata a una concezione della donna come "altro", in cui l'uomo, l'artista, si riflette e mette alla prova se stesso; idea che rende evidente l'egemonia maschile totale a livello ideologico e culturale.