Ti chiamo domani, pubblicato con la milanese Bao, è il primo volume interamente scritto e illustrato da Rita Petruccioli, autrice che molte di noi già conoscono per il suo Frantumi, con la sceneggiatura di Giovanni Masi, e per i suoi lavori da illustratrice (come, tra i tanti, le illustrazioni per Good Night Stories for Rebel Girls, Christine e la città delle dame – dedicato a De Pizan – o Le suffraggette), e le loro indimenticabili figure femminili, forti e ispiratrici.
Ti chiamo domani racconta una storia intensa e molto profonda attraverso un viaggio on the road da Tolosa a Roma compiuto da una giovane ragazza, Chiara – una giovane donna entusiasta, allegra – a bordo di un camion di ritorno in Italia, guidato da un uomo riservato e taciturno, Daniele. Tra i due, apparentemente così opposti, si creeranno momenti di profonda condivisione, dialoghi intensi, e una forte relazione di empatia.
Spesso, davanti ai lavori di Rita Petruccioli, si viene colpite dal suo tratto marcato, deciso, dai colori vividi e intensi, da quelle figure nette, che sembrano staccarsi dalla pagina e ti si appiccicano subito al cuore. Una forza, quella delle “donne di Rita”, che ti coglie di sorpresa. Soprattutto perché veicola uno sguardo e un modo di narrare delicato e intenso che va in profondità, toccando quelle corde sottili che ognuna di noi nasconde nell’intimo, o barrica dietro impenetrabili muri. Da queste metaforiche fortezze interiori, la storia di Ti chiamo domani fa riemergere rimossi, siano essi le nostre esperienze, le nostre paure o le storie delle donne che conosciamo. Rimossi che avevamo lasciato là, nel profondo delle nostre fortezze, tra le ombre del nostro assolato quotidiano. Ciò che abbiamo voluto dimenticare, o derubricare con un «Ma no, non è niente. Stai esagerando. Hai frainteso. Va tutto bene» e che invece lavora, nel profondo, e continua a fare male, tagliando la carne, anno dopo anno, come un sottilissimo foglio di carta.
Rita Petruccioli racconta la storia di una donna che con quel vissuto, in un modo o nell’altro, fa i conti. Non lo nasconde a se stessa, non si lascia dissanguare piano piano. Chiara, la protagonista, con i tempi e i modi che le sono necessari, che sono giusti per lei e per lei sola, lo guarda in faccia per quello che è, senza partire da una definizione esterna – di sé come vittima, ad esempio – ma lascia parlare il suo corpo, le sensazioni che questo le rimanda, le indicazioni, sempre provvisorie e che non possono essere ricetta universale, che le suggerisce, anche quando sarebbe stato più facile far finta di niente, e sentirsi al telefono il giorno seguente. Ciò che colpisce è la profonda relazione che l’autrice instaura non solo con chi legge, ma con i suoi stessi personaggi, Chiara e Daniele.
Rita Petruccioli guarda la sua protagonista crescere nel corso di un’estate, pagina dopo pagina: i suoi dubbi, le decisioni drastiche dei cuori giovani, il senso forte di ciò che si fa, e lo si fa per passione, la voglia di essere nel mondo in maniera autentica e piena di senso. Chiara è una donna a cui guardare, pur nei suoi dubbi, ripensamenti, meccanismi di difesa: fedele a se stessa, si ascolta, riconosce e nomina le proprie paure, gli abusi, i propri limiti, il proprio desiderio di arroccarsi quando è necessario. È semplicemente una donna alla ricerca di sé, come lo siamo tutte, ma con un vigore e una sincerità che spesso col tempo abbiamo abbandonato, perché ci siamo giudicate dall’esterno, con gli occhi degli altri: troppo radicali, troppo ribelli, troppo infantili. Forse solo troppo autentiche. Il volume racconta, fra le molte altre cose, quell’episodio che, in forme differenti, sempre diverse ma secondo dinamiche spesso simili, ha accompagnato le vite di alcune di noi. E lo fa senza ricorrere a stereotipi, ma con una narrazione sottile, quasi impercettibile, che l’occhio di chi sa, ha vissuto, o ha visto altre vivere, ritrova immediatamente. Dietro a una narrazione fresca, immediata, che spinge senza sosta l’occhio da un’immagine all’altra, ecco qualcos’altro, che colpisce al cuore come una freccia. E tu lo trovi lì, a voce piena, dopo che gli hai tolto voce per anni, lo riconosci subito. Ti senti anche un po’ meglio, per un attimo, perché quel sasso oscuro nello stomaco ora ha un nome. Hai trovato il coraggio di dargli un nome assieme a un’altra. Ti senti anche un po’ peggio, perché vorresti che nessuna al mondo, in nessuna forma, nessuna sfumatura, condividesse quell’esperienza. Neanche una vita di carta.
Ti chiamo domani è un libro che mette al centro la ricerca di sé, la condivisione di storie e di vissuti, un libro sulle paure e sul pericolo – che ci raccontano sempre a metà, dicendoci in continuazione come sia semplicemente fuori, là per le strade, a opera di estranei, legato a nostri comportamenti incoscienti e rischiosi – e sull’andare avanti senza perdere niente di sé. Un libro sull’empatia, sul consenso, sulle fortezze interiori e gli incontri improvvisi. È un libro che parla di relazioni, che sa entrare in relazione e inaugurare relazioni nuove.
Federica Castelli in DWF (121-122) SISTERS OF THE REVOLUTION. Letture politiche di fantascienza, 2019, 1-2