Ho sempre voluto disegnare, disegnavo tutto; non sono mai stata capace eppure divoravo tutti i fumetti che mi passavano sotto gli occhi. Guardavo, guardavo, sognavo, disegnavo.
Mi impedivano di disegnare con la mano giusta, mi dicevano di fare disegni astratti, che ero brava, poi però hanno detto che non ero più brava. Ma non ho smesso.
Poi sono diventata fumettista.
Ho sempre guardato tantissimi cartoni animati giapponesi, prima ancora leggevo i Manga (Scrivo). Ho capito che potevo raccontare con i disegni le storie delle eroine a volte bistrattate dalla Storia, le mie eroine (Catel), o che in un risveglio mi sarebbero apparse chiaramente le due protagoniste della mia nuova storia, due sorelle, due vicende, una marea di mondi (Corman). Potevo disegnare e raccontare anche e soprattutto me stessa.
Oppure potevo prendere in giro questo mondo, le sue dinamiche, potevo essere femminista fumettista, fumettista femminista, vignettista. Il tratto mi dava potere: un potere ironico, crudele, spiazzante, acetilsatirico (Carra).
E se poi, tra passione, cultura e vita avessi scoperto che più di tutto mi piaceva ed ero brava a gestire dei gruppi, a scegliere artisti/e emergenti, avrei fondato una rivista, poi un’altra. Avrei fondato una scuola. E l’ho fatto (Scarpa).
Magari poi mi ero accorta da giovane che esistevano delle storie più vicine alla vita vera nel fumetto underground (Littardi), nel fumetto dark, in quello lesbico, in quello noir, in quello che proviene da altri paesi, da altre culture (Chiricosta), dalle nuove primavere (Khiari). Le avevo riconosciute come mie quelle storie, la mia vita disegnata tante volte, e disegnata bene! Cattiva, aggressiva, ma così dissacrante, così umana nel suo essere disumana (Velena).
Nei fumetti finalmente c’erano i miei corpi (non solo quelli fisici), i corpi delle mie amiche, delle mie amanti, delle donne come me e diverse da me (Scuro). E poi c’ero di nuovo io, io donna in strada che si prendeva tutti quegli sguardi molesti solo perché donna, che appena entrava in uno spazio pubblico doveva schermarsi, far finta di non vedere, abbassare gli occhi, travestirsi (Maroh). Ma c’erano anche dei ragazzi, o dei giovani uomini, con cui era possibile costruire progetti politici a fumetti, che con me condividevano angosce, che avevo incontrato per la strada della sieropositività. Volevamo liberarci tutti/e quanti dalle gabbie – come dei conigli –, dallo stigma che ci aveva reclusi nel recinto dei malati. Contagiosi. Untori (Conigli Bianchi).
Tutto questo grazie a dei tratti, pennelli, sfumature.
In Materia troverete una selezione di vignette e storie disegnate, in Poliedra degli approfondimenti sotto forma di interviste o saggi, e in Selecta delle proposte di lettura di graphic novels.
È la prima volta che la redazione di DWF decide di pubblicare brevi storie a fumetti e vignette. Ci siamo rese conto come quest’arte, con la sua attenzione alle biografie, sia molto vicina ai propositi del femminismo, anche quando non si definisce tale.
Per questo A tratti femminista.
Questo numero di DWF vuole liberare tutte quelle mani che non hanno mai osato disegnare perché si diceva loro che non erano capaci.
(vlm e rp)