I proventi delle vendite del numero saranno devolute alla Casa internazionale delle Donne di Roma
E’ a Roma. In via della Lungara 19, ma noi si entra più spesso da via S. Francesco di Sales. Si chiama Casa internazionale delle Donne, ma noi la chiamiamo solo Casa.
Come tutte le case, a volte sembra comoda, altre ci sta stretta. A volte vorremmo riarredarla, buttare giù qualche muro, dare una mano di tinta per cambiare il colore. Per tutte è un lungo d’incontro – talvolta un rifugio -, per alcune luogo di conflitti.
Per noi è innanzitutto la sede della nostra redazione. Una scelta politica che hanno fatto le donne che ci hanno preceduto e che noi continuiamo a fare. Una stanza condivisa con altre associazioni, aperta fino a tardi per le riunioni, che a volte sa di sigarette altre di pizza bianca e frutta.
La Casa è il posto dove noi, le donne che compongono l’attuale redazione di DWF, ci siamo incontrate per la prima volta, il luogo in cui ancora oggi ci incontriamo di più, in cui abbiamo imparato a conoscerci, ci siamo confrontate, scontrate, abbiamo raddrizzato il tiro sulla nostra relazione, dove il progetto della rivista ha avuto negli anni cambi di passo, anche quelli più recenti.
E ancora è il luogo dove è custodito il nostro archivio. Un sistema di dieci armadi che si snoda lungo il corridoio che prosegue fino ad Archivia. Insomma, è la nostra storia e il nostro presente.
Per tutte, la Casa delle Donne di Roma rappresenta, con la sua ricchezza e i suoi limiti, molta parte del femminismo romano. Un femminismo di cui ci prendiamo la responsabilità dentro e fuori le nostre vite ogni giorno.
In un momento storico così complesso e contraddittorio, in cui la “questione femminile” sembra aver sfondato il muro del mainstream, in cui la violenza maschile contro le donne è sbarcata a Hollywood sotto il segno del #MeToo, in cui il termine “femminicidio” è entrato nel linguaggio comune, i luoghi delle donne sono sotto attacco e minaccia di sgombero o di sfratto. La Casa è uno di questi. Questo attacco lo sentiamo rivolto a tutte e noi, per quella responsabilità che ci accompagna in tutti i luoghi che attraversiamo, non possiamo sottrarci.
La Casa internazionale delle Donne di Roma diventa allora un simbolo in questa lotta per difendere gli spazi comuni che dal femminismo hanno preso vita (Ammerata, Cicculli, Damiani/Lucha y Siesta).
Questo numero, le cui vendite saranno devolute interamente alla Ca(u)sa, nasce da qui. E’ il nostro contributo nella situazione di emergenza, ma è soprattutto l’occasione per far circolare il valore politico e simbolico che la Casa assume in quanto spazio femminista che porta con sé il bagaglio della storia, contraddizioni incluse (Cacioli), che racconta il presente (Olivieri) e immagina il futuro (Di Martino, Lamboglia).
Al centro le donne: quelle che hanno ‘preso’ il palazzo del Buon Pastore, che l’hanno reso vivo e restituito alla città (il Direttivo della Casa); quelle che rispondono con la politica e i servizi ai bisogni e alle urgenze delle donne (Storti); quelle che vivono la Casa attraverso la cultura, che dall’incontro di corpi arriva all’elaborazione di progetti e sperimentazioni (Palazzesi, Vulterini).
Raccontiamo anche la ricerca, che trasforma le studiose in attiviste (Castelli/Stelliferi) e il lavoro, che assume la forma della ‘missione politica nel mondo’ (Paoletti/Di Vito). Diamo voce a storie, memorie e percorsi (Bonacchi, Comencini, Conti, Cutrufelli, Lo Moro, Rotondo, Sentinelli, Zucco), spazio a 40 anni di immagini (Zacchei), vestiamo gli abiti della fantasia (Squillante).
Questa è la politica femminista: creare il terreno fertile per far nascere e crescere esperienze, movimenti, cambiamenti, in una prospettiva di libertà e giustizia per tutti. Che siano sociali o individuali, che segnino la storia o uno specifico momento, la sfida è riconoscerli, non disperderli, disegnarne una traccia (Fanelli).
Oggi più di ieri, una Casa delle Donne in ogni città e in ogni quartiere.
La redazione
*Nel numero pubblichiamo un ricordo, a firma di Annamaria Guadagni, di Tilde Capomazza, scomparsa recentemente, fondatrice di DWF con Annarita Buttafuoco