In movimento. Questo è l’esito che ci piacerebbe risultasse dalla lettura delle varie e diverse conversazioni politiche che pubblichiamo nel numero. E questo è anche l’argomento di molti degli scritti che qui raccogliamo.
Dopo le elezioni italiane di marzo 2018, è nata l’urgenza di confrontarci con le altre, singole e gruppi di donne, che hanno scelto il femminismo come fondamento della propria politica. Le ragioni sono forse ovvie per chi, come noi, ha visto diventare maggioritaria una visione della società, dell’economia, delle istituzioni, dei diritti, della cittadinanza che chiude rispetto alle prospettive di dialogo tra soggetti, culture e saperi, anche dell’esperienza, su cui lavoriamo da anni.
Il percorso per arrivare a questo numero di DWF non è stato lineare. Le prime donne che abbiamo incontrato più di un anno fa non sono state le stesse con le quali è poi proseguito il lavoro. Diverse sono state le ragioni: perché è stato un periodo di accadimenti continui, spesso di urgenze politiche inaspettate, di obbligo a tenute resistenziali a fronte di ottusità tenaci e offensive violente; perché in questa fase va spesso così il confronto nelle grandi aree del movimento delle donne; perché l’ibridarsi del ragionamento politico con linguaggi/tempi/modi del web rende più difficile il pensare insieme a partire dai vissuti, a partire da sé.
Il numero registra le asperità, le riflessioni e le derive di tale percorso. I registri dei pezzi sono spesso molto diversi ma questo vogliamo considerarlo uno stimolo a ragionare e prendere posizione. A partire dal primo scritto “Non ne possiamo più”, a firma della redazione, che vuole togliere equivoci, eliminare fraintendimenti e dire a che punto siamo con la nostra e l’altrui politica:
Le donne […] hanno formulato domande, fornito risposte, offerto visioni. Si sono mobilitate in forme varie, contingenti, resistenti. Hanno creato alleanze di reti e di pratiche convergendo su lotte comuni. Hanno dato vita a movimenti globali e transnazionali, in forme a volte impreviste, o ri-significando pratiche politiche tradizionali […] creando alleanze inedite tra soggettività diverse. Questi movimenti, lontani dal declamare una solidarietà ideologica, un corpo e un’identità collettiva, mettono al centro temi vecchi e nuovi, pratiche condivise.
Gli articoli che seguono e vanno a comporre la prima parte della sezione Materia provano a restituire il racconto, le storie, le battaglie, le parole d’ordine e le pratiche di questi movimenti, alleanze e reti: Non Una di Meno (Cirimele/Panariello); Se non ora quando – Libere (Sapegno); Metoo (Masi/Bonacchi). Ma anche una lettura critica del femminismo neoliberale (Ciarniello).
Ci è inoltre sembrato importante tornare a riflettere insieme su quello che accade nelle nostre città alle persone, ai loro corpi nella vita quotidiana, sui nostri confini, nel mare intorno e oltre a noi, da un posizionamento che lotta per affermare una libertà femminile intesa anche come espressione della responsabilità del prendere parola e costruire una nuova storia per tutte e tutti.
Da qui la seconda parte di Materia, con la passeggiata per le vie di Roma: una città che è spazio concreto, simbolico e politico (Castelli); una città – come le altre – in cui la retorica della sicurezza colpisce più di ogni altro le donne, a maggior ragione se migranti (Pisanello/Rizzi e Boiano).
Chiude il numero un saggio che ripercorre la storia dei femminismi in un’altra città, Sassari, in una terra, la Sardegna, raccontata come luogo di fermento ed elaborazione politica (Bonu).