Alla piccola Nina, nuova bambina di Dwf
Ad ogni risveglio, allunghiamo la mano e con gli occhi ancora socchiusi controlliamo chat, social network, prime pagine dei giornali on line. Per raggiungere un posto seguiamo Google Maps e condividiamo geo localizzazioni con le persone per avvertirle che stiamo arrivando. Durante la giornata, navighiamo nel web per informarci sugli eventi cui vogliamo partecipare, o per comunicare che ci saremo, o almeno che ci interessano. Abitiamo luoghi virtuali attraverso strumenti che ci permettono di entrare e uscire. Smartphone, tablet, smartwatch, computer: appendici che, più o meno consapevolmente, trasformano le possibilità dei nostri corpi. Più che del diventare cyborg – come evocato da Haraway – questo processo ha del “essere connesse”. Continuamente, costantemente, in ogni dove. Una mutazione antropologica, dunque?
Arrivate a questo punto ci è sembrato che per DWF fosse il momento di (ri) aprire una riflessione, situata e femminista, sul ruolo che la comunicazione e la connessione hanno nella nostra esperienza individuale, e soprattutto collettiva. Se la ritualità accennata in apertura riguarda la dimensione individuale, esiste una ritualità collettiva che interessa i movimenti femministi? Negli anni Settanta la notizia di un corteo, di una iniziativa, di un incontro, viaggiava sul “tam tam”. Bastava un gettone telefonico: una compagna avvertiva un’altra, e quest’ultima un’altra ancora, così a catena le donne si ritrovavano in piazza in migliaia. Oggi viene da chiedersi se la relazione in presenza, che è stata il presupposto del femminismo, ha ancora un ruolo cosi fondante visto che ‘ritrovarsi’ può voler dire riunirsi o rivedersi, ma anche connettersi a una piattaforma digitale o tramite un canale di messaggistica istantanea come Whatsapp. Una nuova Rete si è distesa: una rete virtuale, pervasiva, e che interessa anche la politica (non solo quella femminista). Possiamo affermare senza troppe remore che negli ultimi tre anni la Rete ha legato a livello transnazionale l’emersione di rinnovati movimenti femministi – dall’Argentina alla Polonia, dal Brasile all’Italia, dal Cile alla Turchia, dalla Spagna agli Stati Uniti e così via. Possibilità di connessione e comunicazione inedite, che rendono immediata la trasmissione di messaggi, meme, gif animate, documenti, comunicati, video, azioni, mail, foto. Il video El violador eres tu del collettivo cileno Lastesis, una performance di donne bendate che cantano e danzano una canzone ritmata contro la violenza degli uomini sulle donne, è nella sua viralità emblematico.
In poche ore è stato diffuso sul web, nell’arco di una settimana in centinaia di città del mondo la performance è stata riproposta da collettivi femministi locali e nuovamente diffusa sul web. Il ‘contagio’, o la ‘storm’, la tempesta, sono dinamiche comunicative che all’incrocio tra tecnologia e politica rendono alcuni contenuti più o meno (in)visibili.