Si tratta di un sommario ragionato dei contenuti del numero, in cui si presentano alcuni contributi, provenienti da Gran Bretagna, Stati Uniti e Australia che hanno in comune il problema del lavoro extradomestico esaminato sotto vari aspetti. Nella sezione “Confronti”, si esamina il lavoro intellettuale della donna e precisamente il lavoro artistico. Infine si dà notizia che già dal terzo numero Ida Magli ha lasciato la rivista e che il lavoro proseguirà con redazione rinnovata e altro editore.
DWF, Anno I, n. 4, 1976
Editoriale
Indice
EMANCIPAZIONE O INTEGRAZIONE. Il lavoro femminile nell'Europa del XIX secolo
Numerosi storici, a proposito della storia del lavoro femminile, esprimono punti di vista che sono fra loro in contrasto e procedono nella ricerca secondo un'ottica particolare, non tenendo abbastanza in considerazione i dati storici. Per esempio William Goode, che pensa che le donne abbiano cominciato a lavorare fuori casa in forma massiccia solamente verso la metà e la fine del diciannovesimo secolo, è convinto che i cambiamenti strutturali siano il risultato di cambiamenti ideologici.
D'altra parte Frédérick Engels considerava al contrario che i cambiamenti ideologici, di costume, sono possibili solamente in seguito a cambiamenti strutturali-economici. Le autrici di questo saggio, al contrario, sostengono che fra i cambiamenti strutturali e quelli del comportamento, dei costumi, dell'ideologia, non esiste un legame rigido. Per quel che concerne in particolare i valori in rapporto al lavoro extradomestico delle donne, Joan Scott e Louise Tilly dimostrano nell'insieme del loro saggio come questi valori fossero tipici del mondo contadino. Quando le giovani facevano parte dell'unità domestica rurale (household), in effetti, le si mandava a lavorare fuori nei campi o come serve nei paesi vicini.
Con l'industrializzazione il lavoro delle donne non cambiò di molto: si continuò a mandarle a lavorare fuori casa o come serve o come lavoratrici a domicilio, o, più raramente, nelle fabbriche. Perciò per molto tempo dopo l'industrializzazione continuò un costume tipico della società contadina preindustriale europea, e i lavori che la donna poteva fare erano ancora lavori "femminili": sarte, domestiche, etc. Le autrici descrivono inoltre la caduta progressiva della donna da una situazione di eguaglianza economica, di cui godeva all'interno della comunità domestica contadina, a una situazione di dipendenza economica, tipica della società borghese.
PSICOLOGIA DELLA DONNA O CONTRO LA DONNA?
I recenti studi americani sulla psicologia femminile offrono un panorama piuttosto significativo delle forme di avallo che offre, ancora oggi, la sedicente "scienza del comportamento umano" alla manipolazione ideologica di stampo maschile che le scienze, soprattutto le scienze umane, continuano ad effettuare contro le donne.
L'articolo di Mary Brown Parlee, che esamina la produzione psicologica più recente, mette in discussione le denominazioni antiche e nuove che la psicologia femminile si dà, in rapporto ai contenuti tradizionali e più recenti in questo campo di ricerca, (psicologia "della"donna? psicologia "contro" la donna? psicologia "per" la donna?) e presenta nella loro vera luce le infiltrazioni che infirmano alla base le teorizzazioni e le sperimentazioni che sono state fino ad oggi considerate rigorosamente scientifiche, vale a dire oggettive.
Il secondo articolo, di Martha Shuch Mednick continua l'approfondimento del panorama critico, cercando di tracciare un discorso in positivo sui contenuti specifici di una psicologia "femminile". La Mednick risale dunque al taglio androcentrico del pensiero di Freud, alla repressione sistematica di voci come quelle di K.Horney e di Clara Thompson. La Mednick esprime la necessità di gettare le basi di una costruzione corretta, che costituisca veramente una "riappropriazione", da parte della donna, della psicologia.
Rita Gay completa il dibattito con una breve introduzione.
DONNE E LAVORO. Le leggi antidiscriminazione negli Usa e in Gran Bretagna
Margherita Rendel esamina la condizione delle donne nel settore dell'istruzione superiore sia in Inghilterra, sia negli Stati Uniti; gli effetti che la legislazione ha avuto su tale condizione e l'azione che differenti gruppi di pressione hanno effettuato per modificare la legislazione e la situazione della donna. Seguendo l'ordine cronologico, l'autrice documenta lo svolgersi della legislazione e gli alti e bassi che hanno accompagnato l'interpretazione e l'applicazione delle leggi fino alla recente Equal Opportunities del 1975.
Dopo un excursus nel settore dell'industria, l'autrice esamina il lavoro delle università riferendosi in particolare all'università americana e alle iniziative dei gruppi di pressione e delle associazioni professionali che si impegnano a documentare i casi di discriminazione e a esercitare un'azione educativa perché nelle donne maturi la coscienza dei loro diritti e la conoscenza degli strumenti necessari per ottenerne il riconoscimento.
LE DONNE NELLE FABBRICHE DI SIDNEY DAL 1920 AL 1950
Gli anni che vanno dal 1920 al 1950 offrono allo specialista di storia del lavoro femminile in Australia la possibilità di affidarsi a dati piuttosto significativi per quel che riguarda il "destino" delle operaie: la differenza di salario sulla base del sesso, per esempio, comune a molti paesi industrializzati è esaminata nell'articolo sulla base delle motivazioni e degli effetti nel corso di trent'anni, caratterizzati d'altra parte da lotte e richieste per la realizzazione dell'uguaglianza.
Il periodo si presta anche a mettere in evidenza i processi precedenti e successivi alla guerra, per i quali il lavoro industriale femminile, sempre considerato poco indicato per delle "vere " donne, va incontro di volta in volta agli onori o all'esecrazione, a seconda che la mano d'opera femminile sia funzionale o meno all'economia nazionale.
PERCHÉ NON CI SONO MAI STATE GRANDI ARTISTE DONNE?
Il saggio di Linda Nochlin, professore di Storia dell'arte al Wassar College, la cui parte iniziale è stata qui tradotta per il pubblico italiano, ha fornito al movimento artistico statunitense un sostegno di grande importanza. L'autrice cerca di dare una spiegazione dell'assenza di donne artiste che abbiano ottenuto successi paragonabili a quelli degli uomini nel campo delle arti figurative. Attraverso una rigorosa argomentazione, l'autrice individua le radici del fenomeno nel fatto che le donne artiste in generale - e quelle della cultura occidentale dal Rinascimento, oggetto della ricerca, in particolare - non hanno mai avuto un ruolo di protagoniste in campo sociale e istituzionale.
Linda Nochlin coglie l'occasione per affermare alcuni principi teorici e metodologici che non sempre sono evidenti per uno storico dell'arte: 1) che la produttività artistica è innanzitutto il risultato di un condizionamento culturale, sociale e istituzionale per il quale il talento individuale si precisa e si affina; condizionamento e circostanze da cui la donna è stata in generale esclusa; 2) che la ricerca che ha per oggetto la situazione della donna in rapporto all'opera artistica costringe lo storico dell'arte a utilizzare in un certo senso degli strumenti e delle metodologie proprie di altre scienze, come la storia intesa in "senso stretto", la sociologia, la psicologia, la critica letteraria, portando a un rinnovamento fondamentale della disciplina stessa, ma anche, attraverso l'integrazione dei metodi, alla formazione di veri storici della cultura, ognuno avente naturalmente la propria specializzazione.
NOTE METODOLOGICHE
M.G. Paolini sottolinea l'importanza fondamentale del contributo di Nochlin sia per l'aspetto teorico e pratico della sua ricerca, sia per il suo valore storico. M.G.Paolini, d'accordo con Hesse, - e su questo punto la loro posizione va intesa come un'estensione delle tesi di Nochlin - ritiene che per altre epoche, non prese in considerazione dall'autrice, come il Medio Evo, e per altre strutture sociali nelle quali il ruolo della donna è stato differente, poiché l'artista era molto meno privilegiato come individuo, i risultati della produttività artistica femminile possono essere molto diversi. Rimane così per altri campi e settori un ambito di ricerca che può fornire allo storico orizzonti imprevisti e fecondi.
Quanto allo sviluppo dell'arte femminile, che, secondo il saggio di Nochlin ha conosciuto una straordinaria rinascita, M.G. Paolini prende in esame alcuni orientamenti e tendenze della critica del settore e riconosce che ci si è impegnati in uno sforzo di lotta e di autoidentificazione di cui Paolini riconosce pienamente la necessità. Ma, proprio come la Nochlin a conclusione del suo saggio, Paolini non propone la scelta di una "tendenza" in particolare, ma piuttosto l'impegno per acquisire una conoscenza storica e, di conseguenza, per una cultura totalmente liberata e autonoma.