IL NEGOZIATO, DWF (9) 1989, 2

Editoriale

Si prendono in esame alcune esperienze che, per esplicitarne il carattere formale e sociale, vengono qui chiamate negoziato e gli strumenti specifici di tale forma politica (p.es. commissioni di parità, azioni positive, quote garantite, interventi a livello legislativo). Tale forma, si sostiene, non fonda simbolicamente il soggetto femminile anche se attribuisce visibilità alle donne; spesso finisce per sostituire alla mediazione sessuata la mediazione con il potere.

“In queste forme di negoziato come mediazione sessuata agìta nel mondo, sempre maturano esperienze relazionali tra donne”. Si vuole indagarne la significatività per capire se tali relazioni “hanno ampliato concezione e sentimento di responsabilità politica verso di sé come soggetto femminile, e quindi come genere politico femminile”. Le questioni poste dall’editoriale sono state presentate ad alcune donne che a vario titolo si rapportano con le istituzioni per perseguire interessi femminili.

Indice

[IL NEGOZIATO]
L'autrice, segretaria generale del Sindacato Cgil-Scuola di Roma, espone alcune riflessioni sul suo percorso professionale e politico; osserva che nel processo di rinnovamento del sindacato molte donne si sono messe in luce come dirigenti a diversi livelli. Tuttavia non si può ancora parlare di pratiche basate su un legame di appartenenza al genere politico femminile. Il lavoro all'interno del sindacato, anche in un settore in cui la presenza femminile è massiccia, risente dei modelli culturali e dei comportamenti che hanno come riferimento valori altri da quelli delle donne. "Spesso - ella dice - ho il sospetto doloroso di aver ottenuto la visibilità al prezzo dell'omologazione".
[IL NEGOZIATO]
L'autrice è funzionaria della Commissione per le Politiche femminili della Lega delle Cooperative. Partendo dalle questioni poste dall'editoriale, vuole rileggere la sua vita professionale "sotto una luce che sappia valorizzare le ragioni della militanza femminista accanto a quelle della funzione sociale del proprio lavoro". L'autrice giudica interessanti le questioni poste dall'editoriale perché "su di esse si basa una sorta di verifica della possibilità di integrare il mondo politico delle donne, non solo sommando l'agire dei gruppi femministi e delle donne delle istituzioni, ma stabilendo un collegamento effettivo tra pratiche apparentemente distanti". L'autrice analizza i cambiamenti nel tempo delle finalità della Commissione nella quale lavora, i vantaggi acquisiti, le difficoltà per giungere ad avere tra le donne - della Lega e in generale - una relazione tale che possa opporsi "a un preciso disegno strategico, molto più antico del nostro, con cui l'istituzione maschile ha minato alle basi la possibilità di una mediazione sessuata".
[IL NEGOZIATO]
Il testo nasce dalla riflessione condotta dall'autrice con il gruppo "pedagogia della differenza sessuale" di cui fa parte. Il gruppo si è costituito a Verona nel 1987 all'interno della Facoltà di Pedagogia (Magistero). Punto di partenza è l'assunto che l'azione politica rappresenta una forma di presenza più che un progetto. Esempio: l'esperienza di un seminario sul pensiero della differenza sessuale, riconosciuto dalle autorità accademiche e ministeriali locali. Questa esperienza è stata resa possibile grazie a una forma di negoziato con altre donne che nel contesto specifico hanno un potere che può essere utilizzato e che sono state, in qualche modo, impegnate nella realizzazione stessa dell'esperienza. Questo impegno consente l'efficacia, mentre, se non accade niente di simile, ogni negoziato diventa sterile, poiché "l'autonomia della parola e del pensiero femminile avvengono nei luoghi dove le donne si affermano con capacità di pensiero e parola".
[IL NEGOZIATO]
L'autrice è responsabile del settore informazione della Commissione femminile nazionale del Partito Comunista Italiano. Analizza le difficoltà specifiche incontrate nella RAI (Radiotelevisione Italiana) quando vi si voglia lavorare politicamente nella prospettiva di accettare "la scommessa che è quella di rendere possibile un pensiero femminile sessuato sulle comunicazioni di massa, fatta e vissuta con un gruppo di donne interne a questo mondo, a confronto diretto con un'organizzazione e una produzione di idee organizzati per il consumo femminile da menti maschili". L'autrice mette in luce anche i meccanismi economici e politici dell'istituzione RAI, e nello stesso tempo le difficoltà soggettive delle donne che ci lavorano, quando si tratti di mettere in discussione un'idea neutra di professionalità e di prodotto.
[IL NEGOZIATO]
L'autrice, che è una delle fondatrici di DWF, ripercorre la storia della sua relazione politica e professionale con Daniela Colombo, fondatrice del mensile "EFFE" ed ora coordinatrice della Ong AIDoS. La storia comincia negli anni '70, grazie ad un'esperienza comune - la realizzazione di un programma televisivo della RAI sulla cultura e la politica delle donne, programma che ebbe un grandissimo successo - ed è proseguita fino ad oggi, con il loro impegno, in ruoli diversi, in alcuni progetti che riguardano le donne dei paesi in via di sviluppo. In questa prospettiva, l'autrice risponde alle questioni poste dall'editoriale e racconta la relazione che ha stabilito con una donna che ha scelto, come sua propria forma politica, il negoziato, il rapporto con le istituzioni.
[IL NEGOZIATO]
Daniela Colombo ha fondato nel 1973 la rivista femminista "EFFE". Ora è coordinatrice e responsabile della gestione dei progetti dell'AIDoS (Associazione italiana donne per lo sviluppo). Qui spiega l'origine del suo interesse per i problemi del Terzo Mondo, i legami fra questo interesse e gli avvenimenti della sua vita, compresa la militanza femminista. Racconta come, all'interno del suo percorso, ha incontrato Tilde Capomazza con la quale ha lavorato i due diversi momenti : tappe di una sorta di progetto e di proiezione, simili nei loro scopi ma differenti quanto alle forme politiche scelte da ciascuna di loro.
LA FONTE DEL VALORE
L'autrice utilizza come categoria politica la pratica della disparità, vale a dire quella che produce nel mondo valore e forza di origine femminile. Partendo da tale premessa, l'autrice dichiara che non c'è nulla di negativo per sé nella presenza delle donne nelle istituzioni. Quel che è dannoso è il fatto di negoziare al posto di altre donne con lo scopo di garantire quella presenza. Infatti un atteggiamento di questo genere conferma la debolezza delle donne invece di renderne visibile la forza. L'autrice fornisce a questo proposito una serie di esempi e di riflessioni. La conclusione coglie il vero problema che resta aperto: la necessità di rendere visibili le forme politiche inventate dalle donne.

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