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LESBICHE-3 AMARE vuole rappresentare un doppio senso: l’amore tra donne e tra persone lesbiche e l’amarezza della responsabilità di dire le cose come stanno, cioè come le sentiamo.
Il numero che tenete tra le mani ha la copertina nera, come lo era quella di AMORE PROIBITO. Ricerche americane sull’esistenza lesbica, Nuova DWF (23-24), numero del 1985 – meglio noto come “il DWF nero” – che è stata una delle prime pubblicazioni a portare in Italia le traduzioni di scritti fondativi del lesbismo politico internazionale.
Nel 1994 usciva VARIABILE CORPO, DWF (24), 4, che narrava le esperienze di riproduzione medicalmente assistita, anche lesbiche.
Un ultimo DWF dedicato al lesbismo più recente, che sentiamo in questo periodo ancora più vicino è WAQFET BANAT, – che in arabo vuol dire “le donne prendono una posizione”, “le donne si uniscono”, “le donne si alzano”. Una raccolta di storie di donne lesbiche palestinesi (supplemento al numero PALESTINA. Femminismi e resistenza, DWF (117-118) 2018, 1-2).
Da queste “uscite” molte cose sono cambiate. Per qualche anno abbiamo coltivato il desiderio di tornare a parlare di lesbismo, finchè non si sono create le condizioni perché questo prendesse forma. Abbiamo voluto mantenere il colore nero della copertina anche per ragioni simboliche: rappresentare il continuum di una storia che guarda i suoi movimenti e cambiamenti.
Per dare seguito a questo desiderio di tornare a parlare di lesbismo, non era facile fare riferimento a una comunità, se di comunità possiamo parlare. Piuttosto, era necessario interrogare quell’idea di comunità (Coco, De Paolis, Paoletti), che si muove sul crinale sempre precario tra relazioni lesbiche, monogamia e non monogamia, continuum lesbico, gelosia-possesso-attaccamento-esclusività, reti affettive e politiche.
La pratica della redazione allargata ci è venuta in aiuto.
«Vi scriviamo perché sentiamo il bisogno di aprire un confronto con un gruppo (prima) ristretto. Vogliamo tornare a parlare di lesbismo come scelta di vita, come pratica politica e sessuale, e del modo in cui questa scelta ricada nel campo politico femminista. Vogliamo mettere al centro e interrogare il piacere di condivisione principalmente tra donne. Quale valenza politica? Quale radicalità? Quale liberazione? Quale perdita? Che genere di conflitto? Quali dinamiche di relazione emotiva si innescano?», abbiamo scritto i primi di luglio dello scorso anno a Stefania Vulterini, Beatrice Gusmano, Elisa Coco e Elena Biagini.
Questo piccolo gruppo ha convocato la redazione allargata, coinvolgendo persone con cui siamo in relazione affettiva e politica e che si definiscono lesbiche-3, e generando uno spazio che parla della molteplicità del lesbismo oggi, e anche dei suoi conflitti.
A metà ottobre (2023) a Roma eravamo più di trenta, alcune venute-3 da lontano, qualcuna-* online. Questo gruppo appassionato e in relazione si è fatto carico, dai primi momenti e fino alla chiusura del numero, di un progetto sentito come ‘comune’. Lo spazio aperto ha saputo accogliere una discussione franca, nella quale mettere sul piatto le differenze e i conflitti, ma anche la cura per poterli affrontare, senza considerarsi immediatamente e unicamente schierate-3 su lati diversi della barricata.
Il numero si nutre di questo confronto trasversale, e ne riporta tanto gli orizzonti comuni quanto le contraddizioni.
Negli ultimi anni, il lesbismo è stato spesso legato ai dibattiti sull’identità di genere, anche a causa delle posizioni trans-escludenti di parte del movimento lesbico italiano. Tra la volontà di smarcarsi da questi posizionamenti e la difficoltà a orientarsi in un mondo sempre più deteriorato, sembra essersi prodotta un’afasia – parola ricorrente nella redazione allargata di Roma.
Afasia come difficoltà nel prendere parola, come inciampo nel costruire un immaginario politico e azioni comuni, ma anche la scelta del silenzio come generosità politica: non avere smania di dominare la scena politica, ma fare spazio per tutte-3.
Nel dibattito soffocante e soffocato il lesbismo è sembrato superato, fuori moda, incapace di esprimere un posizionamento se non difensivo, e questo ha prodotto una sterilizzazione del campo politico.
Messe-3 di fronte alle strettoie, abbiamo voluto guardare altrove. Non per ignorare o dismettere i confronti in corso, ma per battere tutte le strade su cui le lesbiche-3 possono e devono (se vogliono) prendere parola.
Per questo, ci è sembrato vitale tornare a parlare di lesbismo non in contrapposizione ma in maniera affermativa, e in questo movimento denunciare le strettoie è stata soltanto una parte del lavoro, seppure necessaria.
Fuori dalle strettoie invece abbiamo (ri)trovato l’espressione di una prospettiva, quella del lesbismo politico, tanto sulla vita quanto sulle trasformazioni del mondo (Biagini).
In questa cornice, ci siamo rivolte-3 al piacere, nella sua accezione di relazione e in quella di erotismo, fino a quella sessualità che fa saltare i tavoli del potere (Manieri, Pietrangeli). Dalle pagine che seguono, emergono soggettività che irrompono e possono cambiare l’ordine (Borrelli), se mantengono l’impertinenza di non banchettare con il sistema (Manieri, Pietrangeli). È impertinente anche richiamare il silenzio delle compagne etero sui diritti sessuali e riproduttivi delle donne e delle persone lesbiche (Ferrante, Petitti), una mancata alleanza che sta lasciando sempre più terreno ai discorsi conservatori sulla riproduzione e il corpo, dominati dalle destre. In questo silenzio femminista assordante sulla maternità e sulla genitorialità ha provato a intervenire il numero EMME EFFE. Maternità femministe, DWF (127-128) 2020, 3-4, e ci intravediamo un legame.
Il piacere è uno degli aspetti più sacrificati, e spesso dimenticati, del mondo comune lesbico. Ancora oggi, c’è bisogno di raccontare la potenza, la profondità e la gioia delle relazioni lesbiche, smarcandoci dalla rappresentazione culturale deviante e intrinsecamente penosa offerta, tra gli altri, dal romanzo Il pozzo della solitudine di Radclyffe Hall dell’inizio del Novecento. Facciamo memoria, riconosciamo anche una genealogia di reiette e deviate, ma ora ci attribuiano la gioia lesbica (Gusmano).
Interrogare le comunità e le relazioni lesbiche significa anche indagare le dinamiche emotive, le peculiarità, le possibilità, i conflitti e la violenza che possono diventarne parte. Un tema, quest’ultimo, troppo spesso nascosto, e che necessita invece di parole e pratiche per essere affrontato (Le operatrici della linea lesbica e antiviolenza).
Un filo rosso del numero è il bisogno di fare storia e memoria, e di lasciare traccia autorevole della genealogia del lesbismo politico (Archivio di NOI; Fiorletta). Questa prospettiva non solo genera trasmissione – di esperienze, storie, memorie (Di Martino/Bertozzo) – ma fa luce sulle differenze generazionali e sulle pratiche che vengono da lontano (Leonardi; Acquafredda).
Riprendendo l’esperienza genealogica del “DWF nero”, anche in questo numero abbiamo voluto dedicare ampio spazio a traduzioni di testi inediti (Cassetta/Satta; Baldo/Terrore Femme), nella convinzione che far circolare il pensiero e le pratiche sia uno dei modi di nutrire la nostra esperienza politica.
Se è vero che sentivamo la necessità di tornare a parlare di lesbismo, abbiamo voluto farlo attraverso una molteplicità di forme di espressione che vanno dall’immaginario filmico (Fabbiani) agli Haiku di Edda Billi – femminista e lesbica storica, esiliata da Carrara per i suoi amori, accolta a Roma nella sua comunità plurale. E di nuovo, dai racconti (Morello) alle visioni che allargano lo sguardo (Lo Moro). Le illustrazioni attraversano tutto il numero: le mani infuocate di Frad, il languore al tramonto di Ariel Vittori, l’orizzonte “Dyke” di Percy Bartolini, il disordine erotico di Eugenia Erba e piacere lesbico di Giulia Ananìa – con Almost Romantic e Romantic – fissano forme e espandono immaginari.
Chiudiamo con Future. Un augurio per noi e per quelle-3 che verranno.
(gbr, rp)
Puoi avere anche questo numero anche insieme al Supplemento Waqfet Banat. Storie di donne palestinesi.
WAQFET BANAT. Storie di donne lesbiche palestinesi (supplemento a DWF 117-118) | DWF
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