NUMERO CENTO, DWF (100) 2013, 4

Editoriale

Che emozione è scartare un dono femminista?!

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Spediremo in omaggio la borsa di DWF 

Che aspettate?

BUONE FESTE FEMMINISTE!

 

Cosa trovare in quasi quarant’anni di storia della rivista e in questo numero cento della sua nuova serie?  
Onde, radici, foglie. Immagini di una pianta che va apparentemente dove crede. Abbiamo riletto tutti i fascicoli di DWF – dalla nascita in poi – in occasione del numero cento, ma senza la voglia né l’interesse ad autocelebrarci. L’idea è stata quella di rintracciare delle strade, dei termini guida e delle direttrici del pensiero della rivista e del femminismo italiano. Un lavoro appassionante, da esploratrici, da architette della politica. Abbiamo poi scritto le parole, trovate e ritrovate, su dei grandi fogli di carta da pacchi, uno per ogni periodo (1975-1985, 1986-2000, 2001-oggi), in cui abbiamo suddiviso i numeri della rivista.
Perché proprio tre periodi? La scelta corrisponde a tre grandi fasi della storia politica di DWF.

Percorsi

I primi dieci anni, contemporanei all’esplosione di massa del femminismo, segnano la fondazione della prima rivista di women’s studies in Italia, sull’onda delle intuizioni e del desiderio di cambiamento della tradizione culturale di Annarita Buttafuoco.

“Un lavoro suo e dei gruppi redazionali via via accorpatesi intorno alla rivista e alla sua passione esigente, che ha contribuito a fare del ‘naturale’ prodursi di un ceto intellettuale femminile – l’avanzata emancipazione collettiva l’avrebbe comunque comportato – un vero e proprio tessuto politico, consapevole e complesso nelle sue articolazioni” (DWF, 2000, 48, pag.4).

Dopo il primo decennio, Annarita decide di passare la mano ad un gruppo di femministe, impegnate da anni a fare politica con le altre fuori dai partiti, per avviare un diverso progetto rispetto a quello originario di DWF, in cui la politica e le sue pratiche fossero al centro dell’attività redazionale anche per riflettere sulle trasformazioni in atto all’interno del Movimento delle donne e dei suoi gruppi storici, poiché entrambi si apprestavano a lasciare le piazze per provarsi nel mondo. Da sole o in piccoli nuclei, molte avevano infatti cominciato a fondare laboratori, università delle donne, librerie, imprese, associazioni.

“Vogliamo che la rivista sia luogo di risonanza per le domande su di sé, sulle altre, sui rapporti tra sé e il mondo… Vogliamo che la rivista sia luogo delle singolarità che non si sottraggono all’appartenenza al proprio sesso, alla storia di genere, ad una storia politica” (DWF, 1986, 1, pag. 5).

Il terzo periodo, quello attuale avviato nel 2000, segna l’inizio di un confronto serrato, e tutt’ora in corso, sulle urgenze e le prospettive del nostro agire quotidiano con le nuove generazioni politiche del femminismo, inclusa la forma dello strumento-politico quale è la rivista. È un corpo-a-corpo che, seppure a volte estenuante, produce tra giovani e meno giovani ancora ‘un di più’ di relazioni politiche, dove il conflitto non è placato ma affrontato anche nelle sue inedite possibili mediazioni.

Man mano che andavamo avanti nel nostro spoglio di numeri e parole abbiamo attaccato al muro quei fogli di carta da pacco, ormai trasformati in mappe, affinché quei segni si muovessero dentro di noi e parlassero, anche alle casuali frequentatrici della stanza 109 alla Casa internazionale delle donne di Roma. Finita la lettura e composto il terzo foglio, le parole – leggere eppure pietre – si sono disposte a grappoli, forse anche un po’ da sole. Guardando i fili, le trame, le memorie e le ramificazioni che le tenevano insieme, abbiamo trovato quattro grandi snodi politici: Sessualità, Relazioni, Conflitto, Genealogie.

Da lì ognuna si è mossa in libertà, stabilendo collegamenti tra i contenuti, trovando la rete dei percorsi possibili, l’intrico di vie; insomma, la propria rotta.

Dai grandi fogli sul muro ai piccoli fogli excel del computer il passo è stato breve. Dai fogli excel alle foglie: piccole, grandi, colorate, nuove, mosse dal vento, tagliate, riposte, accuratamente asciugate in un erbario, scrutate, vive.

Una pianta che si è già riprodotta.

Come leggere i percorsi tra gli snodi? e nel tempo?

Iniziamo dalle esclusioni. Non c’è la parola “pratica politica”, innanzitutto perché “fare la rivista” è agire la nostra pratica, e poi perché il femminismo è fatto di singole pratiche – autocoscienza, affidamento, ecc… – e queste parole tornano e ritornano. Non c’è neanche la parola “lavoro” da sola, perché l’esperienza del lavoro l’abbiamo sempre qualificata. E dunque abbiamo il “lavoro domestico”, il “lavoro delle relazioni”, “diversamente occupate”, il “lavoro se e solo se”. Anche l’ “emancipazione”, come battaglia politica, arriva in DWF attraverso Virginia Woolf e dunque finisce/sparisce nello snodo Genealogie del primo decennio. Neppure c’è la guerra tra i sessi, né la lotta dei sessi, perché ‘la guerra’ non ci piace, in alcuna accezione.

Poche ma importanti sono invece le parole che permangono, muovendosi, nei tre periodi: corpo, autodeterminazione, pubblico/privato, madre, liber/azione/tá, viaggiatrici/viaggio. Sono termini che guidano e segnalano il ragionamento politico, e dunque passano da uno snodo ad un altro. Per esempio, “corpo” si muove, dal primo al terzo periodo, da Sessualità a Conflitto, come pure “libera” che da Sessualità approda in Genealogie come “guadagno di libertà”“viaggiatrici” che cogliamo nello snodo Sessualità – negli anni ’75-’85 – si trasforma in “viaggi” nello snodo Relazioni/Sessualità nel lasso di tempo ’86-2000, per diventare “carovana” in Genealogie nell’ultimo periodo.

È quasi una descrizione dell’evoluzione delle tematiche rilevanti nel femminismo italiano, il transito che fa il concetto di “pubblico/privato”: parte dall’essere collocato in Conflitto nel primo periodo, per trasformarsi nel secondo in “scena pubblica” rispetto allo snodo Sessualità e diventa “comunità” rispetto a Relazioni; fino a divenire nucleo fondante delle riflessioni sulla solitudine pauperizzante del liberismo economico del terzo millennio sotto il nome di “ventre molle del privato” (Sessualità) e “spazio pubblico” (Conflitto) nell’ultima fase della nostra storia.

Qualche parola-locuzione politica cambia invece profondamente significato: dalla coppia  “madre/figlia” nel primo periodo, si passa alla singola “madre” nel secondo, per tornare al binomio vecchia/giovane nel terzo. Si tratta di uno slittamento di senso politico molto significativo, così come lo è quello analogo che muove la parola “lesbica” che dalla sua collocazione in Sessualità della prima fase passa allo snodo Conflitto nella seconda (come “lesbismo”) e di nuovo torna in Sessualità nella terza, ma nella variante di “soggettività queer”. 

Interessante, poi, è vedere come la parola “potere” compare tra il 1986 e il 2000 in Conflitto per evolvere in “piazza”, ma anche “saper fare comune”, e in “radicalità/esperienza/conflitto” in Relazioni dal 2001 in poi.

Abbiamo notato che spesso le parole di lotta degli ultimi anni trovano eco diretta nei primi dieci, come se nei quindici di mezzo si fosse cercato di articolare, di declinare i concetti del primo femminismo in un ambito di ragionamenti politici che non escludevano anche il desiderio di trovare maggiore agio (se non lusso) nelle nostre vite, quasi a sollievo dalle fatiche della prima rottura epistemologica e dalle lotte dentro di noi e fuori. Ne è un esempio la parola “medicalizzazione”, che compare nel primo periodo in Sessualità, scompare nel secondo per poi ritornare, irrisolta, di nuovo nel terzo, sempre nello stesso snodo.

Ciò che state per trovare aprendo completamente questo foglio non è però un gioco, né un semplice grafico di lemmi, ma una vera rappresentazione della storia di una rivista.

Forse la forma che abbiamo scelto, con la collaborazione di Bernadette Moens, una grafica e illustratrice sensibile e appassionata alle nostre storie, riflette – più di altre volte in cui ci siamo raccontate – le forme (che sono poi sostanza) con cui DWF ha fatto e fa politica: sperimentazione, ascolto delle pratiche, ancoramento all’esperienza dei corpi, passione. Perché è la nostra pratica politica che dà senso alla realtà, sceglie il presente e agisce il conflitto.

Quando abbiamo incontrato Bernadette, nella stanza di redazione, davanti alle pile colorate dei novantanove numeri che hanno costruito finora la storia di questa rivista e ai tre fogli di carta da pacchi che hanno raccolto la nostra rilettura di questa storia, abbiamo intuito che lei capisse quali fossero state le nostre intenzioni. Alla fine di questo percorso ci dice che il lavoro collettivo con altre donne, nel progetto di Studio Arturo, le permette di comprendere la sottile complessità della linfa che genera e nutre le relazioni tra donne.

Ci piacerebbe che l’infografica, o meglio l’albero, che state per vedere, sia un’occasione per parlare di politica, con il vantaggio che offrono le narrazioni prospettiche di lungo periodo.

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