PENSIERO STUPENDO. Braidotti, Butler, Haraway per Donne Women Femmes, DWF (102) 2014, 2

Editoriale

L’idea di un numero dedicato ad alcune grandi pensatrici dei femminismi degli ultimi trent’anni nasce da un’occasione e da un desiderio. L’occasione è stata l’incontro con una di loro, Judith Butler, al XV Simposio Iaph 2014 in Spagna. Il desiderio, che è alla base della pubblicazione e che non si esaurisce con essa, è quello di confrontarsi con le donne autorevoli
che hanno fatto e continuano a fare la storia del pensiero femminista. Judith Butler, Rosi Braidotti e Donna Haraway sono le protagoniste di Materia.

La sezione si apre con un’intervista di Federica Castelli a Butler, un confronto diretto e in presenza, dal quale emerge una vicinanza tra il pensiero di una delle teoriche della performatività e le urgenze delle femministe dell’oggi. Emerge la necessità per i movimenti delle donne di agire nuove pratiche, di ripensare l’intero spazio pubblico e di indagare
le nuove condizioni storiche, la relazione tra corpo e precarietà che dà vita a “nuove figure di spossessamento” (dispossession). Emerge ancora una volta la questione del linguaggio (che DWF ha affrontato nel numero 101) quando è la stessa Butler a chiedersi: “Il femminismo possiede gli strumenti concettuali necessari a comprendere cosa sta accadendo storicamente – cosa sta accadendo in Europa, nell’Europa mediterranea, cosa sta accadendo attraverso la globalizzazione –, abbiamo un linguaggio adatto a descrivere questi vari processi?”

Seguono quattro saggi che raccontano il pensiero teorico e politico delle protagoniste di questo numero. Abbiamo scelto la pratica della rilettura – una formula che si è mostrata già in altre occasioni un efficace strumento di dialogo – che prende vita attraverso le lenti dello studio e dall’azione politica delle singole autrici che, dalla loro esperienza e dal vissuto qui e ora, ci restituiscono il pensiero di Butler, Braidotti e Haraway. Dialoghi che da una parte ripercorrono il pensiero di queste grandi autrici e dall’altra interrogano nuovamente tale pensiero sul presente.
Riportare il percorso teorico e politico, raccontarne i punti cruciali e analizzarne l’evoluzione negli anni è un compito arduo, ma permette alle nostre lettrici di inquadrare le pensatrici e collocare nel tempo e nello spazio i percorsi delle loro teorie.

Ne è un esempio particolarmente efficace il saggio di Monica Pietrangeli su Butler. Le riletture hanno inoltre la forza di riattualizzare alcuni tratti di queste teorie, cogliendone delle tracce significative per sé, per i propri percorsi di studio e di riflessione politica (Bonacchi e Bruno su Haraway), di pratica politica (Chiricosta su Braidotti). Sono riletture che quindi tengono insieme almeno due piani fondamentali: il primo orizzontale, necessario per guardare complessivamente le
tante evoluzioni di pensieri e teorie delle autrici, e il secondo verticale, che si permette di immergersi in quei tratti che più hanno significato per le nostre ricettrici all’oggi.

Poliedra si lega a doppia mandata all’inizio di Materia: Paola Masi ha tradotto un testo di Athena Athanasiou, filosofa e femminista greca, che mette al centro la politica del corpo genderizzato nata nelle proteste antiausterità in Grecia nel contesto dell’attuale crisi debitoria. Torna prepotente la relazione stretta tra i corpi e la precarietà delle vite nel tempo della crisi – e si delinea una prospettiva molto rischiosa, quella della dispossession, di cui parla Butler nel suo ultimo omonimo libro –, in uno scambio reale tra la femminista greca e la pensatrice statunitense di cui si percepisce la contaminazione filosofico-politica. In questo filo rosso di letture e riletture, dove le esperienze, le piazze, i corpi, si incontrano, un saggio come questo ci fornisce una prospettiva più ampia, allarga la visuale su un paese molto vicino, la Grecia, raccontandoci dei fantasmi neo nazisti che hanno preso corpo, anche nelle istituzioni, e che agiscono violentemente sui corpi delle donne, delle persone omosessuali, degli stranieri, dei malati. Ci racconta le politiche conservatrici neoliberali fondate sul controllo dei corpi, ma anche le pratiche femministe e queer di resistenza.

Rileggere e riproporre alle nostre lettrici i saggi di autrici importanti che DWF ha pubblicato in passato è il fondamento del progetto editoriale Ciliegie, nato lo scorso anno. Quello che facciamo con questo numero invece è confrontarci direttamente e indirettamente con alcune pensatrici contemporanee che nei decenni hanno segnato profondamente le teorie e le pratiche dei movimenti femministi, alcuni dei quali sorti proprio attorno al loro pensiero. Si tratta di donne che con le loro parole hanno acceso scintille di fuochi che ancora ardono, ma che non sono rimaste a guardare le fiamme esaurirsi, bensì hanno alimentato quei fuochi continuando a pensare, scrivere, costruire e decostruire mondi. I loro pensieri
sono potuti diventare teorie e pratiche di lotta perché rimasti vivi – e quindi in movimento – e aderenti al mondo. Per questo, stupendi.

(tdm e vlm)

Indice

MATERIA

CORPI NELLO SPAZIO PUBBLICO. Resistere e creare nella crisi. Intervista a Judith Butler
Judith Butler explains us how to resist and still be passionate and creative in politics in our times. These are times of crisis, of emergencies, of dispossession: what are the struggles and what are the alliances feminism needs to establish in order to analyze and focus the present times? How do we struggle today? What are the fundamental issues in times of precarity? And what about the role our bodies play in subverting, recreating, redefining the public space of democracy?
CORPI, SOGGETTI, ALLEANZE. Il pensiero elastico di Judith Butler
The article offers a course of reading the works of American philosopher, feminist and queer activist, Judith Butler, who over nearly three decades has questioned the academic realm and political movements, on topics related to issues of gender, feminism and, particularly since the 9/11 attacks in the USA, on issues of vulnerability, that is, the inevitable exposure of the subject to the Other. From questioning the heterosexual norm to the theory of performativity, up to the ethics of non-violence the theoretical path of Butler is articulated through an ongoing dialogue with the major theoretical leading western and nonwestern discourses, offering an original reinterpretation on many of the most significant philosophical and political theories. Subject of this reflection are those living on the margins condemned to oblivion but also the purely political question of strategic coalitions intended as a transformation of the existing status. What emerges is an intellectual figure always ready to take a stand on the most burning issues of the contemporary world.
MARZIALISTA POSTUMANA. Una praticante di Taijiquan legge Il Postumano di Rosi Braidotti
Braidotti’s last book, “Il Postumano”, is presented here in a non conventional way. Rather then offering a general review of the text, this essay explores some of the issues Braidotti’s book tackles (such as the Nature-Culture continuum; the “post-human” dimension; post-human feminisms) correlating them to the reflections on “the force of a female body” of a feminist philosoper and martial artist.
LE TECNOPARENTELE DI DONNA HARAWAY
A reinterpretation of the Cyborg Manifesto: Science, Technology, and Socialist-Feminism in the Late Twentieth Century, starting from the fundamental claim that there is nothing about being female that naturally binds women together into a unified category. The powerful image of cyborgs as a fusion of machine and organism is not new in the Western culture, what is new is the meaning for feminism: no revolution would have been possible without the ‘speculum’! Showing the usefulness of Cyborg Manifesto in the today debate on female bodies, medical practices and ‘fetishistic’ genomics research, Bonacchi retraces the present relevance of Haraway’s political approach, that feminists should consider creating coalitions based on “affinity” instead of identity.
DIFFRAZIONI. Donna Haraway e il progetto di una tecnoscienza situata
In this essay the autor tells about Donna Haraway, one of the theorists who have most inspired contemporary western feminism, well known for her figuration of the cyborg, and explains how she suggests a feminist techno-science based on the situated knowledge. The overcoming of the boundaries is not a problem for Haraway. Her message is very clear – whether we like it or not, the overcoming of boundaries is the reality we live in, denying it would be irresponsible. In other words, nature for her is a hybrid world, this is why she distrusts holistic perspectives and escapes new promises of universal salvation. As she puts it, nature is a system whose resistance threshold painfully includes organisms and machines, humans and non-humans, the dead and the living. In Haraway’s view, nature always is ‘naturculture’. In this system, organic and inorganic matter are not considered separate and each element is treated in terms of disassembly/reassembly. Haraway’s nature is not a holistic system at all but rather a web of differences capable of interacting one with the other. In this case, the cycle is not closed and interaction is not necessarily understood as a perfect swap – there is always a surplus, a waste, an ‘indigestion’. In Haraway’s cultivation of nature, there is no room for ideas of purity and integrity, with the exception of a diachronic comparison with the race discourse, for its desire to bring back the need for the preservation of boundaries to the obsession of purity. This is the reason why she considers the relationship with the other in its most radical form – the meeting between species. As she puts it, this kind of relationship is essential to develop new forms of cohabitation capable of overcoming the heterosexist nuclear family based on the oedipal imaginary which has become “a sterile trap for politics”. She supports the idea that to consider closeness simply as something belonging to familial relationships deletes a whole set of other possible different intimacies. Shifting the focus on the tie between species for Haraway means to understand the relationship as a ‘becoming with’, which inevitably is a practice of what she calls ‘becoming worldly’. It is precisely through this reformulation of togetherness that Haraway comes to conceive a mundane coexistence capable of transforming the being in touch into the being itself – this means the self cannot precede the relationship with the other.

POLIEDRA

INTENSITA' PRECARIE: corpi genderizzati nelle strade e nelle piazze della Grecia

SELECTA

Recensioni di Bella, Pistone/Lo Moro; Simone/Di Martino; Boccia/Dro