Come nella Lettera rubata di Edgar A. Poe, i molti mesi di cronaca che hanno fatto del sesso una vera ossessione mediatica hanno nascosto proprio ciò che si accanivano a mettere in evidenza: l’esperienza, le esperienze, della sessualità. Una rivista femminista come DWF e le donne di diverse generazioni che vi lavorano hanno a disposizione pratiche incisive quanto efficaci per anticipare e cominciare da un’altra parte, partendo da sé e facendo pensiero dell’esperienza. Da più di un anno, infatti, alcune giovani donne della redazione hanno cominciato a lavorare su una ricognizione concreta e materiale di tutti quei momenti della vita che vanno sotto il nome di sessualità. I primi risultati che compongono questo numero – e che proseguiranno nel successivo – fanno emergere degli aspetti niente affatto scontati, quando non sorprendenti.
Una rivista femminista come DWF e le donne di diverse generazioni che vi lavorano hanno a disposizione pratiche incisive quanto efficaci per anticipare e cominciare da un’altra parte, partendo da sé e facendo pensiero dell’esperienza.
Da più di un anno, infatti, alcune giovani donne della redazione hanno cominciato a lavorare su una ricognizione concreta e materiale di tutti quei momenti della vita che vanno sotto il nome di sessualità. I primi risultati che compongono questo numero – e che proseguiranno nel successivo – fanno emergere degli aspetti niente affatto scontati, quando non sorprendenti.
A cominciare dai molteplici effetti della rivoluzione femminista degli anni Settanta che, se ha modificato i comportamenti e la gamma delle loro possibilità, sembra anche essere andata “sotto traccia”, sembra non essere arrivata ai tempi presenti come un sapere da assumere consapevolmente. Poter fare tutto somiglierebbe più a un’offerta di mercato che a un reale arricchimento delle vite.
Uno dei motivi di questa ombra nell’esperienza di ciascuna è ricondotto alle vicende alterne della parola femminista, ma anche di quella quotidiana, in materia di sessualità. Nei pieni e nei vuoti lasciati da questo andamento carsico, a volte hanno ripreso piede le parole più esteriori, quelle delle “aspettative sociali” o dei modelli, altre volte la sessualità si è trovata costretta alle sole esperienze di contraccezione e di prevenzione medica.
Il filo conduttore dei testi qui pubblicati è il ritorno alla materialità dell’esperienza e della realtà, in un gesto di riappropriazione che stabilisce altre priorità, altre urgenze, altri piaceri, rispetto alle retoriche correnti. A cominciare dall’estensione della sessualità all’esperienza di avere un corpo quando si fa politica insieme, riflessioni comportano anche una messa a fuoco delle relazioni con quei giovani uomini con cui questa esperienza è condivisa, con nuove fatiche e nuove scoperte, fino a rivelare un’esperienza maschile della sessualità ben lontana dagli stereotipi patriarcali.
L’immaginario, che trova altre strade rispetto alla predominanza delle fantasie sessuali maschili, dispiega un paesaggio ancora incognito del desiderio femminile, del corpo e dei suoi piaceri, che si costruisce non nel chiuso delle fantasie individuali ma attraverso delle pratiche collettive, e apre al “polimorfismo sessuale” – che molto deve alla circolazione sui media, dalla rete, alla televisione, al cinema, e pone ancora, di nuovo e in termini inediti, la questione di come avvenga una reale libertà del desiderio. (fg, pc)