WEBWOMAN. Femminismi in rete, DWF (74-75) 2007, 2-3

Editoriale

Che viviamo in una società della comunicazione – o dell’informazione – è un’ovvietà. Ce lo ricordano ancora e di nuovo, in modo più o meno virulento, le notizie di cronaca politica di questi ultimi tempi: il successo apocalittico e l’immediato ridimensionamento del mondo parallelo di Second Life, la diffusione vertiginosa, “virale”, di messaggi, di video, attraverso YouTube o MySpace, fino ai blog di Beppe Grillo che finiscono per portare centinaia di migliaia di manifestanti in piazza e costringono a risoppesare la politica e l’antipolitica. E, sconfinando dall’Italia, l’ultimo video di Bin Laden, l’uso delle TIC (tecnologie dell’informazione e comunicazione) nei paesi postcoloniali, le nuove grammatiche di soggettività che si coagulano e rifluidificano proprio attraverso o grazie alla rete. Meno ovvio è fare il punto su quanto l’uso della rete sia stato e abbia modificato chi ha scelto di stare e attraversare il mondo con taglio femminista. Insomma, ci siamo chieste e abbiamo chiesto ad altre come e quanto la rete tocchi le forme della politica per parte di donne.

Sono poche le riflessioni politiche su questo passaggio interno al femminismo, che attraversa diverse pratiche, ma anche diverse generazioni e che, se non viene letto, rischia di confondersi con un mero adattamento all’evoluzione del contemporaneo, un adeguamento indifferenziato ai modi della presa di parola. La sensibilità su questo passaggio nasce certo da uno sguardo sul mondo, sulle nostre relazioni, ma anche dai passaggi che la stessa DWF sta compiendo (v. Rachele Muzio, DWF online: la nascita di un progetto, 1, 2006): prossimamente la rivista, che sta per l’appunto progettando una sua versione on line, annuncerà infatti le proprie uscite con una newsletter. Così DWF – che da questa uscita conta sulla collaborazione di Rosetta Stella – si è rivolta a quelle che stanno effettivamente sperimentando l’uso della rete, ha chiesto loro di raccontarlo, secondo una pratica di narrazione: descrizione sì, ma anche capacità di nominare la posta in gioco, il desiderio, gli spostamenti rispetto all’esistente.

Sempre più l’agire politico delle donne fa uso della rete – in modi diversi, plurali (Rete ICT e politica femminista). Lo consideriamo un passaggio di cui rendere conto. Nelle sue opacità ma anche nelle sue aperture, in una società mediatica che si lascia sempre più alle spalle la televisione – mezzo passivo, mai amato dal femminismo – e circola per quel mezzo più attivo, plurale, multiforme, relazionale che è Internet. Se la rete è spesso invocata come luogo di massima trasparenza e democrazia, le donne possono avere reazioni che sono di diffidenza (Non è questa la politica), se però si tacita l’uso che comunque se ne fa. Ogni gruppo ha fatto i conti con questa possibilità: riviste in versione on line (Filosofe nella terza navigazione), gruppi esistenti o attivi primariamente on line (Www.ecn.org/sexyschock), siti con le iniziative svolte, per non parlare della valanga di mailing list in cui siamo implicate. Al desiderio di sapere, si è aggiunta una sensibilità che è nei geni di DWF, la memoria.

La redazione di una rivista che ha autorevolmente accompagnato l’agire e il pensiero femminista fin dal 1976, quando guarda al presente lo palpa nella sua consistenza memoriale, ne tocca la trama fatta di fili presi, lasciati cadere, trascoloranti (Morbido, orale, mimetico). Ma non ci siamo accontentate di giudicare l’uso della rete secondo il crinale della perdita e del guadagno, abbiamo cercato di seguire le trasformazioni della politica, secondo quella genealogia che corre lungo le storie del femminismo (C’era una volta, la rete Lilith). Presenza e relazioni sono infatti due nodi della politica delle donne. Così abbiamo interrogato usi e sperimentazioni secondo due nodi che si trovano al tempo stesso nella domanda e nelle risposte: le vicende politiche della presenza e della relazione. Va subito registrato, allora, che l’uso politico della rete ci sembra segnalare una crisi – un passaggio fatto di chiusure ed aperture – dell’esserci. A suo tempo DWF è nata sul finire della partecipazione di movimento che giocava sulla presenza in piazza, per le strade, sul manifestarsi, interpretando e agendo un bisogno di espressione più condensato, circoscritto a piccoli gruppi “con oggetto” per rendere più efficace l’elaborazione del senso e la presa soggettiva su quel che stava accadendo. Oggi l’uso della rete sembra segnalare un nuovo desiderio di confronto allargato, di condivisione delle pratiche e dei progetti: a costo di pagare il prezzo di trasformare l’essere in presenza in un fatto anche – mai soltanto – virtuale.

Che disegno possiamo fare di questo momento? E che rapporti mantiene o meno con quel che accadeva fino a poco tempo fa? Le trasformazioni toccano moltissimi punti sensibili: cambia il linguaggio, cambia la relazione con l’altra, cambia l’immaginario, cambiano anche le fantasie. Se il femminismo è nato come movimento collettivo, oggi non si può più parlare di una dimensione collettiva, ma semmai “diffusiva”, le donne “consapevoli” sono dappertutto, al di là dei luoghi della tradizione. Ieri c’era la molteplicità sì, ma si presentava volutamente in un’interezza. Anche oggi esiste una pluralità, ma si presenta piuttosto come frammentata (anche a causa di un aumento di lavoro o di attività che, per quanto precarie, saturano il quotidiano di tutte noi). E la rete si presta a questa frammentazione, asseconda il non intero: è un non luogo, è un non corpo, è un non tempo che però dà l’occasione di essere compresenti. Abbiamo vissuto una tendenza all’ipersoggettività, anche nel pensiero collettivo, quando si esprimeva attraverso testi non firmati. Adesso è certezza la mancanza di una dimensione collettiva che però può anche portare a non individuarsi in modo da incontrare una molteplicità eventuale e neutra.

Se il femminismo è nato dal bisogno di una stanza tutta per sé, ora il luogo proprio è già connesso. Queste novità hanno una valenza doppia: da una parte è una vittoria, dall’altra può rendere meno scontato il senso di una storia condivisa, ancora da scrivere. Viene anche da chiedersi che fine abbia fatto in questo nuovo scenario quel discorso vivente, fatto di corpo e parola, anzi, di corpo-parola, che si dava nei gruppi di autocoscienza. Non siamo sequestrate dall’idea che questo passaggio sia la fine di una politica in presenza, tuttavia registriamo cambiamenti dagli esiti incerti. Le relazioni continuano ad essere legate all’esserci del corpo, ma quale corpo? Fin dagli anni Settanta il corpo selvaggio ha trovato le sue mediazioni, che andavano dalla presa di parola alla scrittura politica.

Oggi questa scrittura si presenta spesso, più che come un esito, come un punto di riavvio. La rete può così rappresentare un venir meno delle mediazioni che si davano in presenza: si presta ad essere un espositore, in cui l’ipertesto permette,attraverso i link, di dire tutto, sì, ma senza dire la realtà. Il rischio è che la mancanza di gerarchia che caratterizza queste forme di comunicazione non evidenzi il lavoro di selezione e di associazione che nasce da, e ha per esito, un’elaborazione simbolica (Un filo sottile, ma inossidabile). Il danno alla ricerca di senso può essere enorme. Lo stesso può essere detto per le nuove forme di relazione con l’altra: certo, la rete può intercettare molte e di queste molte possono restare “folgorate” da un pensiero, da una narrazione, ma non basta (DeA- Donne e Altri). Questioni complesse.

La realizzazione di questo numero ci ha comunque convinte che l’online – a patto che lo sappiamo vedere e pensare – più si allarga e più lavora per noi. Induce un rinnovato bisogno di vicinanza, di selezione dell’informazione, di consolidamento della memoria. Permette di sparigliare pensieri e posizionamenti creando nuove letture dell’esistente. Ma la passione deve correre lungo la rete: soltanto una rete appassionata riuscirà a muovere i corpi e quindi a restituire quella presenza in relazione che ancora oggi riteniamo un condizione ineliminabile per una politica femminista.

(pc, fg)

Indice

MATERIA

C’ERA UNA VOLTA LA RETE LILITH. E c’è ancora...
RETE ICT E POLITICA FEMMINISTA
Www.ecn.org/sexyschock
NON E' QUESTA LA POLITICA
UN FILO SOTTILE MA INOSSIDABILE
FILOSOFE NELLA TERZA NAVIGAZIONE
WEB WOMEN? WONDER WOMEN!

POLIEDRA

MORBIDO, ORALE, MIMETICO

SELECTA

RECENSIONI Masi/RIVIELLO; Masi/CERESA; Dragoni/ZAMBRANO