Articoli pubblicati su DWF
Libri recensiti da DWF
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Pensare / raccontare. Hannah Arendt, 1986, n. 3, pp. 36-44
Il punto di partenza è costituito dalla biografia di Rahel Varnhagen scritta da Hannah Arendt, rimasta incompleta e pubblicata molto tempo dopo la stesura. Una prima domanda è: Arendt, scrivendo la vita di un'altra donna, cerca di raccontarsi?
Una risposta ci può venire da uno sguardo alle sue idee filosofiche: la sua particolare concezione dell'individualità in quanto espressione dì singolarità, visibile nella molteplicità dei rapporti con gli altri; la differenza tra bios e zoe, vita naturale e nascita dell'individuo alla sua vita; visione dell'uomo come attore, e non autore, della sua vita; necessità di parlare della vita attraverso gli esempi delle vite.
La storia si presenta dunque come antitesi della totalità, e la narrazione come lo specchio più vicino alla realtà. Ne consegue il significato particolare che nell'economia del pensiero di Arendt assume il fatto di scrivere biografie: la singolarità nel suo rapporto con la pluralità; la nascita come inizio, e racconto.
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Tempo natale, 1993, n. 20, pp. 33-48
Questo saggio è stato originariamente pubblicato in Les cahiers du Grif n. 30, 1985; tradurlo e pubblicarlo è stata una scelta dettata dalla convinzione che può aiutare ad analizzare l'attuale crisi del mondo occidentale e più in particolare della società italiana.
Collin prende in considerazione la crisi dell'ideologia industriale del lavoro, con la sua divisione tra tempo di lavoro e tempo libero; a tale scopo utilizza alcune categorie fondamentali del pensiero di Arendt e invita le donne a ripensare il problema delle relazioni di genere. "Bisogna pensare il vecchio problema con i nuovi dati. Dati che offrono un'opportunità per la soluzione del vecchio problema".
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Pluralità Differenza Identità, 1995, n. 26-27, pp. 80-94
Già pubblicato in "Présences" (1991), questo saggio prende in esame due grandi correnti del pensiero femminista, definibili in modo approssimativo come "essenzialismo" e "unitarismo". Secondo l'autrice nessuna delle due può rendere conto in modo soddisfacente dei rapporti tra i sessi.
Nel ripensare il problema della differenza sessuale, Collin fa riferimento al pensiero di Hannah Arendt - in particolare sulla questione ebraica - e conclude che "nella situazione attuale (e senza stare a stabilire se sia per natura o per 'costruzione sociale'), donna fa senso, anche se in modo polisemico più che univoco. Questo senso, anche se indeterminabile, può essere inghiottito nel caos del non-senso contemporaneo oppure può, al contrario, dare una nuova possibilità al senso".
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Politica e poetica, 1996, n. 32, pp. 90-100
Il femminismo, inteso nel senso più ampio, deve lavorare sull'ordine simbolico. Altrimenti, sostiene Collin, le conquiste sociali delle donne saranno a rischio, poiché non produrranno nuovi fondamenti per una comprensione condivisa del mondo. L'autrice prende in esame possibili criteri per una critica femminista che valorizzi le opere d'arte di donne, passate e presenti.
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Antigoné. La giovane, la madre, la morte, 2005, n. 1
L'autrice legge la tragedia di Sofocle e alcuni
commenti contemporanei (Jacques Lacan, Patrick Guyomard, Judith Butler) tenendo
in considerazione le differenze generazionali e la trasmissione.
Se la tesi di Lacan a proposito del desiderio colpevole della madre è una diagnosi eccessivamente rapida, la definizione di Butler di un "insieme simbolico con allusioni tutt'altro che naturali" non è ancora convincente. Collin, concorde con i tentativi di Guyomard, rivendica la riscoperta di nuovi e contemporanei modi di asimmetria nell'essere genitori.
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La potenza delle tenebre. Donne e creazione, 2005, n. 4
Un riesame critico originale e ragionato delle riflessioni di Simone de Beauvoir in The Second
Sex sulla supposta mancanza di genio creativo nelle donne, dove la loro incapacità
di raggiungere la trascendenza e quindi di produrre un vero risultato artistico
(sublime più che meraviglioso, se adottiamo le
categorie kantiane) è vista come una conseguenza della loro svantaggiata posizione sociale, da cui accettarla o combatterla.
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Dall’insurrezione all’istituzione. 1968-2008, 2005, n. 4
"Riflettendo allo stato in cui si trovano, in questo momento, la Francia e il
movimento delle donne, non si può fare a meno di ricordare che nel mese
di maggio del 2008 cade il quarantesimo anniversario della sollevazione del
“maggio 68”. Questa sollevazione, che aveva conosciuto una prima fase il 22
marzo, data della rivolta degli studenti dell’università di Nanterre, faceva
eco, in altri termini e in un diverso contesto, al movimento hippy degli anni
Sessanta negli Stati Uniti. Il leit-motiv di queste rotture era il “cambiare la
vita”, here and now, qui e ora, senza aspettare il cambiamento delle istituzioni
e malgrado queste.
Il potenziale rivoluzionario non era l’applicazione di una
teoria – come era stato il comunismo – ma un movimento. E questo, anche
se “modelli” rivoluzionari idealizzati, dalla Cina di Mao alla Cuba di Fidel
Castro, rimanevano presenti all’orizzonte.
Dopo qualche tempo le donne, avendo constatato che questa rivoluzione,
come le altre, le marginalizzava o strumentalizzava, fecero secessione e si
raggrupparono, in ordine sparso e per affinità, per affermare la loro forza
propria e per elaborare le loro rivendicazioni. Anche il loro movimento era un
movimento anti-istituzionale o perlomeno paraistituzionale. La politica non
si trovava più nelle istanze rappresentative, ma nella vita stessa. Non era più
nella rappresentazione ma nella presenza..."
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Libri recensiti da DWF
COLLIN Françoise - FORCINA Marisa, La differenza dei sessi nella filosofia.
Nodi teorici e problemi politici, Lecce, Milella, 1997
rec. di F.G., 1998, n. 39-40, pp. 139-140