POLIEDRA
SELECTA
NOTA EDITORIALE
di Laura Fortini e Federica Giardini
Leggi tutta la nota editoriale
"Nel numero precedente DWF è tornata a una delle sue passioni fondamentali,
quella di cercare le parole per dire che ne è della politica per parte di donne.
“Che cosa vuole una donna”, la famosa domanda della psicoanalisi, si è
trasformata nell’inizio di un discorso affermativo, per parte di ogni singola
della redazione, sulla propria posizione, sui propri desideri, aspettative, e
anche inquietudini, rispetto a questi tempi burrascosi, disorientanti ma,
forse, anche promettenti.
L’intimo è globale, però, e lo abbiamo constatato per parte nostra, come
quando, nel corso delle discussioni, è andato da sé che la nostra ricerca
di parole rimandasse a quella di altre in altre parti del mondo.
È così che
presentiamo questa prima tappa di un partire da sé geografico e politico,
Femminismi d’Europa, cui farà seguito il numero successivo con interventi
di donne che abitano in paesi extra-europei.
Così, per indagare l’opacità del presente, per allargare il respiro corto che
la situazione italiana presenta oggi, l’avvio della domanda è stato: ma a
che punto siamo in Europa? Quali sono le urgenze del dibattito pubblico
e come ci stanno alcune donne, a Londra, a Barcellona, a Vienna, a Parigi,
a Hannover?"...
Torna al sommario
Dall’insurrezione all’istituzione. 1968-2008
di Françoise Collin
"Riflettendo allo stato in cui si trovano, in questo momento, la Francia e il
movimento delle donne, non si può fare a meno di ricordare che nel mese
di maggio del 2008 cade il quarantesimo anniversario della sollevazione del
“maggio 68”. Questa sollevazione, che aveva conosciuto una prima fase il 22
marzo, data della rivolta degli studenti dell’università di Nanterre, faceva
eco, in altri termini e in un diverso contesto, al movimento hippy degli anni
Sessanta negli Stati Uniti. Il leit-motiv di queste rotture era il “cambiare la
vita”, here and now, qui e ora, senza aspettare il cambiamento delle istituzioni
e malgrado queste.
Il potenziale rivoluzionario non era l’applicazione di una
teoria – come era stato il comunismo – ma un movimento. E questo, anche
se “modelli” rivoluzionari idealizzati, dalla Cina di Mao alla Cuba di Fidel
Castro, rimanevano presenti all’orizzonte.
Dopo qualche tempo le donne, avendo constatato che questa rivoluzione,
come le altre, le marginalizzava o strumentalizzava, fecero secessione e si
raggrupparono, in ordine sparso e per affinità, per affermare la loro forza
propria e per elaborare le loro rivendicazioni. Anche il loro movimento era un
movimento anti-istituzionale o perlomeno paraistituzionale. La politica non
si trovava più nelle istanze rappresentative, ma nella vita stessa. Non era più
nella rappresentazione ma nella presenza..."
Torna al sommario
Due spartiacque, tre epoche storiche
di Barbara Duden
"Nell’estate del 2008 non è possibile avviare una riflessione sulla “politica
per le donne” senza fare un salto all’indietro nel tempo, al momento in
cui iniziò quello che in seguito fu chiamato “il secondo movimento delle
donne”. Devo calarmi, anche se un po’ a fatica, nella gioia di vivere e nel
sapore di “allora”, di quel periodo che ha messo le ali e preparato alla vita
me, le mie amiche e molte attiviste di quella generazione. Innanzitutto
mi pervade l’atmosfera di quegli anni, la straordinaria sensazione data
dalla scoperta di essere vicina ad altre donne. Lo slancio di quegli anni,
l’entusiasmo del risveglio, di un inizio, il piacere delle continue scoperte e la
gioia per le amicizie nate in quegli anni e che ancora resistono. Ma quando
ripenso a quegli anni ho anche la sensazione di viaggiare in un mondo
sconosciuto. Quando ci caliamo nei primi anni Settanta, infatti, varchiamo
la soglia di un’epoca.
Il mondo di oggi, inserito nel sistema globale del
nuovo millennio, e il mondo di allora, infatti, non sono paragonabili. C’è
un abisso tra me e la giornalista trentenne di allora che, insieme ad altre
donne, fondò Courage, una rivista ispirata al movimento femminista che
aveva come obiettivo una maggiore “autodeterminazione” e “autonomia”
delle lettrici. Se percepisco un simile abisso non è solo per il passare degli
anni, ma anche perché facendo lezione a studentesse molto più giovani ho
compreso alcune cose. Oggi è molto più difficile, infatti, parlare in modo
appropriato e preciso, da un punto di vista analitico, di sé “come donna” e
della situazione delle “donne”. Oggi, per giungere a un orientamento nella
“politica per le donne” dobbiamo muoverci fra tre epoche storiche in cui
tale politica assunse caratteri molto differenti...."
Torna al sommario
Questioni femministe in Austria
di Ursula Wagner e Marlen Bidwell-Steiner
"Di fronte alla diversità delle organizzazioni e dei gruppi attivisti femministi e
di donne – per esempio quello delle donne migranti, delle persone transgender,
eccetera – e ai loro diversi scopi e interessi, è piuttosto ambizioso tratteggiare
“la” questione in gioco in Austria. In questo articolo, quindi, delineiamo solo
un numero selezionato di argomenti e problemi che hanno portato a notevoli
dibattiti e provvedimenti in campo politico e che sono stati presenti di recente
nei media austriaci.
Si tratta di temi ben noti, come la compatibilità tra
carriera e famiglia, il divario impressionante tra i guadagni di uomini e donne,
e un’ennesima discussione sulle quote rosa. Inoltre, la questione della violenza
contro le donne ha richiamato l’attenzione per le modifiche della legge negli
ultimi due anni..."
Torna al sommario
Il femminismo in Gran Bretagna: luci e ombre
di Mary Evans
"Mentre scrivo, in Gran Bretagna è al governo da oltre dieci anni il partito
Laburista, prima con Tony Blair e più di recente con Gordon Brown. Cosa
questo abbia a che vedere con il femminismo nel Regno Unito può a prima
vista non apparire chiaro, ma quel che voglio suggerire è che i dieci anni
di governo di centro/leggermente sinistra hanno in qualche modo visto la
scomparsa della politica, e con quella – si è detto – anche della politica
femminista. In parte, così prosegue l’argomentazione, il femminismo è
“scomparso” perché molte delle richieste avanzate dalle femministe negli
anni Ottanta e nei primi anni Novanta sono state incorporate, con diversi
gradi di successo, nelle politiche governative.
In effetti, alcuni sostenitori
del governo Blair arriverebbero a dichiarare che più è stato “fatto” per le
donne dal governo negli ultimi dieci anni che in qualunque altro momento
nei due secoli scorsi.
È certamente vero che una femminista “accademica” della mia generazione
(studente universitaria alla fine degli anni Sessanta, e all’inizio della
carriera nei primi anni Settanta) oggi ritrova assai poco dell’aperto sessismo
istituzionale che ben ricordo caratterizzava il periodo in cui si cominciò
a insegnare women’s studies e a studiare la questione del “genere”..."
Torna al sommario
La libertà femminile nel femminismo spagnolo
di María-Milagros Rivera Garretas
"Il tratto che più mi colpisce del femminismo spagnolo degli ultimi dieci anni, è
il talento di alcune donne nel favorire lo sgretolarsi quasi silenzioso di barriere
del simbolico che prima ostacolavano il passo al dirsi della libertà femminile.
Una libertà che, anch’essa in silenzio, era andata crescendo e consolidandosi
con gioia nella vita personale di molte donne, ma non trovava i passaggi per
modificare il linguaggio del pubblico vigente nella mia comunità di parlanti,
comunità che comprende varie lingue materne.
Queste barriere sono svanite in molte delle istituzioni che dagli anni settanta
noi donne abbiamo scelto per studiare e per lavorare.
Sono svanite anche
nel femminismo, nella politica sessuale e in quella realtà vasta e di grande
consistenza che è il posto di lavoro, sia questo un negozio, un ufficio, una casa,
un ospedale o un’impresa. Non sono svanite, o lo sono poco, nei partiti politici
e nei mass media, anche se qualche modificazione c’è stata. Le istituzioni e
gli altri rapporti in cui è accaduta questa rivoluzione simbolica, continuano a
vivere; gli altri posti, invece, si trascinano in un invecchiamento inarrestabile,
cieco alla luce dell’esperienza innamorata del presente..."
Torna al sommario
Scrittrici di narrativa in Sardegna tra Otto e Novecento
di Viviana Usai presentata da Laura Fortini
"Risale al 1977 uno dei primi momenti fondativi di interrogazione su “Donne
e letteratura”: è di quell’anno un numero dedicato da DWF a questo tema, con
interventi di Nadia Fusini e Anna Nozzoli tra le altre. L’editoriale si apre con
queste parole: “Questo numero nasce dall’esigenza di cominciare ad affrontare
il rapporto che le donne hanno avuto ed hanno con quello che nel corso della
storia è stato il campo più aperto al loro intervento: quello della letteratura”. Si
trattava di uno di quei primi movimenti che aprono un’epoca, e così è stato, in
quanto negli anni successivi, trenta e più anni, molto si è riflettuto intorno alla
presenza/assenza delle donne dalla storia e dalla letteratura, per poi arrivare
a notare che presenza c’è stata e molta, e a volgere lo sguardo a come invece le
scritture delle donne abbiano modificato il canone letterario – ma non solo quello
– interloquendo con esso e innovandolo profondamente, come i nomi e le opere
di Elsa Morante e Anna Maria Ortese, ma anche di Anna Banti, Paola Masino,
Alba de Céspedes, e a molte altre ancora dimostrano.
Per arrivare ai numeri di
DWF dedicati a “Aggiunta e mutamento” tra il 2005 e il 2006, tesi a evidenziare
come l’aggiunta e il mutamento siano nesso indissolubile di una pratica politica
efficace, che guarda all’arte come luogo di particolare significazione simbolica
e comunicativa, per trarre da essa motivo di ulteriore interrogazione politica.
È quindi in questi termini la proposta di questa rassegna delle scrittrici di
narrativa in Sardegna, nei termini iniziali dell’aggiunta, per poi poter passare
al necessario mutamento. (Laura Fortini)..."
Torna al sommario
María Zambrano: la donna e la Storia
di Federica Dragoni presentata da Federica Giardini
> leggi questo articolo in versione integrale sul sito di donne e conoscenza storica
"È stata la stessa Federica Dragoni a proporre un lavoro su María Zambrano,
una scelta che già diceva della finezza e attenzione con cui stava affrontando il
suo percorso di studi. Qualità che ha continuato ad esercitare nelle ricerche, ha
trovato la folla di testi disponibili dell’autrice e sull’autrice e ancora chiedeva
indicazioni per meglio ripartire una bibliografia così articolata. Queste qualità
le ritrovo ancora oggi, nel lavoro di scoperta e discussione che stiamo svolgendo
insieme ad altre sulla forza ripensata per parte di donne. In Zambrano Federica
ha trovato le parole per dire il valore politico di una certa inclinazione femminile
all’attenzione, una postura che non si priva del vuoto del silenzio, conoscendone
l’efficacia quando si sa fare osservazione della realtà.
Ma, e anche, Zambrano che pensa la Storia, questo il tema della sua ricerca. È
un tema di grande cogenza per il nostro presente, che chiama a un incontro di
pensieri. Per almeno due motivi.
La questione della storia per parte di donne appartiene, è il caso di dirlo, alla
storia di DWF, incarnata dal lavoro che Annarita Buttafuoco pubblica sulla
rivista tra il 1975, data di Il tempo ritrovato. Riflessioni sul mestiere di
storica (1, 1975), e il 1993. Un lavoro, il suo, che si prolunga nel dibattito che
da qualche anno insiste sulla questione se fare storia, e come, di quel periodo
che, a partire dagli anni Settanta, sembra aver tracciato un solco profondissimo
– nei due sensi dell’intensità ma anche dell’andamento lungo e sotterraneo – il
periodo dei femminismi, del movimento e pensiero delle donne (v. Il femminismo
degli anni Settanta, curato da Teresa Bertilotti e Anna Scattigno, Viella 2005) (Federica Giardini)..."
Torna al sommario
Dire no ai giorni del tempo presente: resoconto dell’assemblea di Roma del 21 giugno 2008 convocata dal gruppo delle femministe del mercoledì
di Angela Lamboglia
"Sabato 21 giugno in tante e tanti hanno accolto l’invito delle femministe del
gruppo del mercoledì a partecipare ad un’assemblea per discutere insieme di
politica e di sinistra.
L’assemblea nasce dalla volontà di rispondere alla frustrazione generata dalla
sconfitta elettorale della sinistra attraverso un pensiero critico condiviso
su ragioni e responsabilità della sconfitta, sul successo della destra e sulla
possibilità di uscire dagli schemi politici finora praticati, tristemente impegnati
a salvaguardare il ceto dirigente, piuttosto che quel legame con le donne e gli
uomini, essenziale perché si dia rappresentanza democratica.
Si è trattato di un dono, da parte di donne alla Sinistra, espresso innanzitutto
mediante il manifesto di Rosetta Stella Dire no ai giorni del tempo presente.
Inutile dire che un manifesto di no può generare non solo adesione, ma anche
presa di distanza da parte di chi nega al no potere costituente, generativo,
costruttivo.
E d’altra parte la questione del no rappresenta un nodo cruciale
per la sinistra, accusata dalla destra di saper opporre solo rifiuti alle proprie
proposte e dagli elettori di sinistra di non saper tradurre quei no in un’azione
di governo coerente quando è al potere, parole delle relatrici che hanno
introdotto l’assemblea e negli interventi successivi, in un’assertività lucida
e consapevole, nel desiderio che si affermino percorsi altri rispetto a quelli
inefficaci battuti dagli esponenti dei partiti, nella volontà di inaugurare una
nuova fase della sinistra a partire da diverse pratiche del fare politica.
L’assemblea è stata introdotta da Elettra Deiana, Fulvia Bandoli e Maria
Luisa Boccia.
Elettra Deiana ha insistito sulla necessità di lavorare sulla parola dello
spiazzamento per trarne un’assunzione di responsabilità e uno stare alla
realtà volto all’elaborazione di pratiche e concetti adeguati al presente..."
Torna al sommario
Recensioni e schede
di Festinese
SOVRANITÀ, CONFINI, VULNERABILITÀ, 27 marzo 2008, Aula Magna della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Roma Tre
"Il convegno “Sovranità, confini, vulnerabilità”,
organizzato dal Dipartimento
di Filosofia dell’Università Roma
Tre con il patrocinio del comitato Pari
Opportunità del Comune di Roma, e
dovuto soprattutto al lungo e attento
lavoro di Ida Dominijanni, che lo ha
introdotto e coordinato, si è incentrato
sulle dense relazioni di Wendy Brown
e Judith Butler, filosofe femministe
statunitensi per la prima volta in
Italia. Entrambe docenti all’Università
della California a Berkeley, entrambe
esposte sulle questioni più calde del
conflitto politico contemporaneo,
entrambe figure-ponte fra la filosofia
continentale europea e il contesto
culturale americano, Brown e
Butler sono pensatrici di grande
e riconosciuta rilevanza nell’attuale
panorama filosofico occidentale.
Wendy Brown, nota per il suo contributo
alla critica femminista della politica
moderna (Manhood in Politics, 1988)
e per i suoi testi sulla libertà e sul
potere, sull’autonomia del politico,
sulla tolleranza (States of Injury:
Power and Freedom in Late Modernity,
1995; Regulating Aversion: Tolerance
in the Age of Identity and Empire,
2006), ha lavorato recentemente sul
rapporto fra la fine della sovranità
politica, il rafforzamento del capitale
globale e il ritorno della religiosità
violenta. Nel suo intervento Sovranità
porosa, democrazia murata Brown ha
parlato della sovranità dello stato
analizzandola attraverso il fenomeno
del walling – cioè della costruzione di
muri lungo i confini, ma non solo, degli
stati nazionali – fenomeno diffuso in
tutto il mondo..." (Valeria Festinese)
Torna al sommario
Le autrici
Françoise Collin, scrittrice, filosofa, fondatrice nel 1973 dei Cahiers du Grif, ha
pubblicato, tra gli altri, Maurice Blanchot et la question de l’écriture (Gallimard
1971-1985), Hannah Arendt, L’homme est-il devenu superflu? (Odile Jacob, 1999), Les
femmes de Platon à Derrida (in collaborazione, Plon 1999), Parcours féministe (Labor,
2005). La pubblicazione più recente è On dirait un ville, poesie, (Des Femmes, 2008).
Tra i testi pubblicati all’estero: Praxis de la diferencia (Icaria 2007), La differenza dei
sessi nella filosofia (con M. Forcina, Micella, 1997), e diversi articoli apparsi in DWF
e in La camera blu. (> pagina dell'autrice)
Barbara Duden si è formata a Vienna e a Berlino. Tra il 1985 e il 1990 ha insegnato
Storia delle donne e Storia della scienza e della tecnologia negli Stati Uniti.
Attualmente è docente presso il Dipartimento di Sociologia e Psicologia sociale
dell’Università di Hannover. Tra le pubblicazioni, che molto hanno contribuito al
dibattito italiano, ricordiamo: Il corpo della donna come luogo pubblico. Sull’abuso del
concetto di vita (Bollati Boringhieri, 1994) e Il gene in testa e il feto in pancia. Storia
del corpo femminile (Bollati Boringhieri, 2006).
Ursula Wagner è laureata in antropologia sociale e culturale e in antropologia
medica all’Università di Vienna e Amsterdam. Si dedica al suo interesse di lunga
data per le questioni di genere lavorando al Gender Research Office dell’Università
di Vienna.
Marlen Bidwell-Steiner ha un dottorato in Philosophy of Romance studies ed è a
capo del Gender Research Office dell’Università di Vienna. I suoi campi di interesse
sono le idee sul corpo nella prima modernità, la retorica e la teoria della scienza.
Mary Evans ha insegnato Sociologia e Women’s Studies alla University of Kent
per quarant’anni ed è ora Visiting Fellow alla London School of Economics. La
sua ricerca ha sempre avuto una forte impronta interdisciplinare; sebbene si sia
formata nel campo degli studi sociologici, ha pubblicato lavori su diverse scrittrici e
pensatrici (in particolare Jane Austen e Simone de Beauvoir) e su aspetti e tendenzeculturali significative. Al momento sta preparando un libro sui romanzi “gialli” e
sul loro ruolo nel definire la centralità del “criminale” per la società borghese.
María-Milagros Rivera Garretas è ricercatrice di Duoda e docente presso
l’Universidad de Barcelona. In italiano, oltre a diversi articoli nella rivista Via
Dogana, ha pubblicato Nominare il mondo al femminile (Editori Riuniti, trad. Emma
Scaramazza) e Donne in relazione. La rivoluzione del femminismo (Liguori, trad.
Clara Jourdan). (> pagina dell'autrice)
Viviana Usai si è laureata in Lettere all’Università di Sassari; dopo aver svolto
master e corsi di formazione in cooperazione sociale, fa parte, unica donna, di due
Consigli di Amministrazione di aziende no-profit del padovano.
Federica Dragoni, 24 anni. Dopo la laurea magistrale in Filosofia della Cultura
conseguita nel dicembre 2007 presso l’Università di Roma Tre, torna a vivere
a Grosseto, in campagna. Attualmente lavora nel settore della formazione e
dell’orientamento. Partecipa al gruppo di studio organizzato dalla prof. Giardini
sulla forza al femminile. (> pagina dell'autrice)
Torna al sommario
Leggi tutta la nota editoriale
di Laura Fortini e Federica Giardini
Nel numero precedente DWF è tornata a una delle sue passioni fondamentali,
quella di cercare le parole per dire che ne è della politica per parte di donne.
“Che cosa vuole una donna”, la famosa domanda della psicoanalisi, si è
trasformata nell’inizio di un discorso affermativo, per parte di ogni singola
della redazione, sulla propria posizione, sui propri desideri, aspettative, e
anche inquietudini, rispetto a questi tempi burrascosi, disorientanti ma,
forse, anche promettenti.
L’intimo è globale, però, e lo abbiamo constatato per parte nostra, come
quando, nel corso delle discussioni, è andato da sé che la nostra ricerca
di parole rimandasse a quella di altre in altre parti del mondo.
È così che
presentiamo questa prima tappa di un partire da sé geografico e politico,
Femminismi d’Europa, cui farà seguito il numero successivo con interventi
di donne che abitano in paesi extra-europei.
Così, per indagare l’opacità del presente, per allargare il respiro corto che
la situazione italiana presenta oggi, l’avvio della domanda è stato: ma a
che punto siamo in Europa? Quali sono le urgenze del dibattito pubblico
e come ci stanno alcune donne, a Londra, a Barcellona, a Vienna, a Parigi,
a Hannover?
Come per l’Italia – dove i temi del dibattito pubblico italiano
sono l’annosa questione della rappresentanza e delle quote, l’applicazione
della legge 194, di fatto disattesa nelle sue prerogative fondamentali, la
violenza sessuale e la violenza sulle donne in famiglia più che altrove – è bene
ricordare che i temi che oramai appartengono anche alla grande macchina
mediatica, spesso non coincidono con il desiderio delle donne e con quanto
metteremmo tra le nostre priorità.
A ciascuna delle nostre interlocutrici
– scelte per relazioni di amicizia, di apprezzamento del loro lavoro politico
e di pensiero – abbiamo chiesto, non di farci una panoramica oggettiva,
se non esaustiva, ma piuttosto, com’è nello stile di DWF, di raccontarci delle
poste in gioco nel loro paese, di questi tempi, a partire da ciò che avvertono
come questioni sensibili, restituendo a questa espressione la letteralità che
ha saputo darle il femminismo, uno sguardo di intelligenza incarnata nel
corpo di una donna, una presa singolare sulla realtà, indipendentemente
dai dati della Unione Europea, dati interessanti ma di fatto poco parlanti
dello spostamento avvenuto o che sta avvenendo.
I testi hanno la ricchezza e l’articolazione di un sistema nervoso.
C’è
chi, come Françoise Collin, segue da Parigi la vena del divenire della
politica altra, creata dal femminismo, nella sua amichevole inimicizia
con il movimento del maggio Sessantotto. Un percorso che individua una
politica vivente, schiettamente anti-istituzionale fino agli anni Ottanta
in cui con la presidenza di François Mitterand si è data una svolta nella
presenza femminile all’interno degli organi della politica di governo. Le
zone sensibili oggi si trovano, per la pensatrice, all’intersezione tra le
politiche di stato e l’agire delle donne, su temi come la migrazione e la
sessualità, in una temperie che convoca a un’accresciuta responsabilità
femminile.
Da Hannover Barbara Duden, sensibile alle politiche del corpo
che il femminismo degli anni Settanta aveva saputo creare, rintraccia le
linee della riorganizzazione delle politiche di stato e dell’“economia della
cura”. Nella sua analisi, che mette al centro il nuovo assetto neoliberista
delle società nord occidentali, Duden critica in particolare gli effetti “derealizzanti”
prodotti dalla dominanza del neoindifferenzialismo, che ancora
una volta relega all’invisibilità le donne in carne ed ossa e i carichi gravosi
cui sono sottoposte in questa fase di riorganizzazione sociale, economica
e tecnologica.
Con sensibilità analoga scrivono Ursula Wagner e Marlen
Bidwell-Steiner, che da Vienna raccontano dell’evolversi delle politiche
per la famiglia, dedicando però un commento finale a un’imprevista
dominanza, nelle università, dei Gender Studies rispetto ai Gay Studies,
perché più consoni all’egemonia del modello eterosessuale che pervade
la società austriaca.
Da Londra Mary Evans legge sui mass media l’oramai
pluriennale requiem per il femminismo e replica raccontando il divenire
degli studi delle donne all’università e dei loro effetti sociali, tra luci e
ombre nel conseguimento dell’uguaglianza tra i generi.
In chiusura, Maria
Milagros Rivera, ci racconta da Barcellona di una Spagna che sta uscendo
dal “ritardo” europeo, dopo i decenni della dittatura, ma secondo un
doppio passo: da una parte il dibattito pubblico che continua a orientarsi
secondo l’uguaglianza, in particolare nella rappresentanza politica,
dall’altra, e soprattutto, il lavorio paziente e implacabile della libertà
femminile che sgretola i muri nelle teste e nei corpi di donne che sono
oramai dappertutto.
DWF, nel leggere questi pensieri, continua il suo viaggio, che la restituisce anche a se stessa, alla città in cui le donne della redazione vivono giorno
per giorno. Abbiamo così continuato una discussione, ancora aperta e
accesa, su quel che accade nelle nostre vicinanze, a Roma. Nella sezione
Selecta, riportiamo il resoconto di un incontro tenutosi a Roma il 21 giugno
su iniziativa di alcune donne che si sono interrogate sugli esiti delle ultime
elezioni politiche. Iniziativa che con il suo programma “Dire no ai giorni
del presente” si pone su un piano tutto diverso dall’ispirazione affermativa
che ci aveva mosso nel numero precedente. Il resoconto è scritto da Angela
Lamboglia, una giovane donna che – insieme a Clelia Catalucci e Rachele
Muzio della redazione e ad altre - sta affrontando un percorso di discussione
con DWF.
Che cosa vuole una donna, è una storia che comincia a raccontarsi
anche attraverso nuove prese di parola.
Torna al sommario