Webwoman: femminismi nella rete, 2007, n. 2-3 (74-75)
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'Webwoman: femminismi nella rete' nel web
NOTA EDITORIALE, di Patrizia Cacioli e Federica Giardini
MATERIA
POLIEDRA
SELECTA
NOTA EDITORIALE
di Patrizia Cacioli e Federica Giardini
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Abstract
L'importanza di internet nella società dell'informatica e della comunicazione di oggi è un fenomeno evidente: un numero crescente di donne vi è coinvolto sia come utenti sia come creatrici di siti e blogs. Ma c'è una differenza se lo fanno da un punto di vista femminista? Può internet, a parte i vantaggi pratici, essere un utile strumento politico per le donne impegnate in un progetto femminista di trasformazione? DWF ha chiesto a differenti gruppi femministi italiani attivi in rete con i loro siti, di riflettere sulla loro esperienza, descrivendola ma anche raccontando ostacoli e traguardi, le loro motivazioni, le vittorie, le sconfitte. Il web può marcare una rottura, se non la fine, di una pratica politica che era stata fondata sulla presenza, sulle relazioni, dove componenti fisiche e affettive erano fondamentali. Può diventare uno "show" dove ipertesti e links sembrano dare accesso al mondo intero, ma lasciano fuori la realtà delle esperienze vissute. Questo numero è solo un inizio di esplorazione di queste complesse questioni, ma pensiamo che sia un inizio positivo; se possiamo usarla consapevolmente, la rete può diventare un fertile strumento politico. Ma deve entrare in gioco la passione; solo una rete appassionata può superare i suoi limiti dando vita ad un rinnovato bisogno per la collettività di riflessione e azione, creando ancora una volta le condizioni per una pratica politica che - insieme allo spazio virtuale della rete - rappresenti anche relazioni e cambiamenti impegnati.
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Recensioni
di Masi e Dragoni
ANNA MARIA RIVIELLO, Ho
imparato tre cose. Conversazioni con
Giglia Tedesco, Rionero in Vulture:
Calice Editori, 2006, pp. 125
"Le lettrici di DWF che hanno letto
il numero Grandi donne crescono
del 2003 (2-3, aprile-settembre)
saranno ben liete di riprendere il
filo del discorso e di riascoltare la
voce narrante di Giglia Tedesco, in
queste conversazioni proposte da
Anna Maria Riviello, per la collana
“Le mimose” di Calice Editori
che lei stessa dirige. Il libro è per
molti aspetti un complemento di
quanto apparso in DWF, dove Giglia
dialogava con Luciana Viviani
per rispondere alle nostre domande
“esterne” alla loro tradizione politica.
In questo scritto l’approccio
cronologico e “interno” alla storia
dei comunisti e delle comuniste
italiane, suggerito da Riviello, invita
Giglia Tedesco a ripercorre le
proprie origini cattoliche, il significato dell’antifascismo, la scelta
di entrare nel partito comunista, la
partecipazione all'UDI..." (Paola Masi)
ALICE CERESA, Piccolo Dizionario
dell’inuguaglianza femminile, a
cura di Tatiana Crivelli, postfazione
di Jacqueline Risset, Roma: Edizioni
Nottetempo, 2007, pp. 122
“Il testo di Alice Ceresa che Tatiana
Crivelli ci propone è un insieme
inedito di voci di un possibile dizionario
cui Ceresa lavorò fin dall’inizio
degli anni settanta, senza mai
decidersi a pubblicarlo, e che è oggi conservato presso l’Archivio Svizzero
di Letteratura di Berna. Sebbene
Ceresa lo considerasse un work
in progress, le tante versioni di alcune
voci, la limatura dei concetti,
i rimaneggiamenti dell’indice, e
quindi delle inclusioni ed esclusioni
rilevanti nelle scalette del progetto,
hanno legittimamente spinto Tatiana
Crivelli a pubblicarlo accompagnandolo
con un robusto apparato
filologico (nel testo e più approfonditamente
nel sito dell’editore,
all’indirizzo www.edizioninottetempo.it) indispensabile per ricostruire
la storia del “dizionario” e le scelte
della curatrice....” (Paola Masi)
MARIA ZAMBRANO, La Spagna
di Galdós. La vita umana salvata dalla
storia, a cura di Annarosa Buttarelli,
Marietti, Genova-Milano: Marietti,
2006, pp. 166.
“Il testo di María Zambrano La Spagna
di Galdós. La vita umana salvata
dalla storia si presenta come
raccolta di saggi che la filosofa
andalusa, nel corso degli anni, ha
dedicato ad alcune figure femminili
centrali nei romanzi di Galdós.
Benito Pérez Galdós, scrittore spagnolo
vissuto tra il 843 e il 920
è particolarmente caro a Zambrano
per il suo profondo attaccamento
al popolo che fa di lui un “creatore
di creature in carne ed ossa” (p.36). Galdós infatti nel suo descrivere,
con ironia e pietà, ciò che sta
ai margini del mondo, incarna lo
specifico atteggiamento spagnolo
che si concretizza nell’esercizio di
una ragione che non vuole ridurre
tutto a sé, ma è capace di abbracciare
e accogliere con umiltà l’infinita
molteplicità del reale....” (Federica Dragoni)
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Le autrici
Patrizia Cacioli, nata a Roma, laureata in filosofia, giornalista. Femminista
da oltre trenta anni.
È nella redazione di DWF dal 1986 e direttore responsabile dal 1998. È anche
direttore della Comunicazione di un’istituzione pubblica.
Federica Giardini, redattrice di DWF, collabora con la comunità filosofica
“Diotima” e ha dato inizio, insieme ad altre, alla posizione Matri_x. Docente
di filosofia politica all’università di Roma Tre, lavora su pensieri e pratiche
della differenza sessuale ed è autrice di Relazioni. Differenza sessuale e fenomenologia
(2004).
Simonetta De Fazi, ex giovane ora quasi cinquantenne, sono uscita (o entrata)
da Pompeo Magno, dalla porta laterale del Centro Documentazione
Studi sul Femminismo. Poi Virginia Woolf. Poi B. Nel frattempo Rete Lilith.
Già parecchio adulta, incontro con Matri_X. Mi occupo di comunicazione e
formazione.
Marzia Vaccari, tecnologa, dirige il centro di calcolo della Facoltà di Economia
dell’Università degli Studi di Bologna, si occupa dal 1993 del rapporto
donne e ICT da diversi punti di vista: realizzativo, formativo e teorico.
Conduce da diversi anni il settore informatica del Centro di Documentazione
e Ricerca delle Donne di Bologna sorto attorno alla sua idea del “Server
Donne” e al progetto “Voci, Visioni e Azioni di donne” dell’Associazione
Orlando di cui è socia.
Sexyshock è un laboratorio di comunicazione aperto alle donne, uno spazio
pubblico di discussione ed elaborazione dove riunirsi e dove archiviare
materiale, un punto informativo in cui rendere visibili e fruibili i percorsi
delle donne, e un laboratorio sulla sessualità. Nato nel 2001 all’interno di uno
spazio autogestito, oggi ha sede nello spazio di Betty&Books (Via Rialto 23,
Bologna) e continua il suo percorso di sperimentazione come rete di donne
(ma non solo), che (inter)agisce con il pink/queer activism, e che sviluppa
riflessioni ed azioni nei campi della sessualità, della “sicurezza urbana”,
dell’accesso alle tecnologie e biotecnologie, del lavoro precario e sessuale
e delle produzioni culturali al femminile. Il lavoro è orientato soprattutto all’analisi
e all’intervento sugli immaginari collettivi contemporanei, e parte
dall’interrogare i cambiamenti, le percezioni e, soprattutto, i desideri della
nostra generazione.
Laura Colombo e Sara Gandini sono le “Webmater” del sito della Libreria
delle donne di Milano. Loro considerano il web uno strumento importante
le autrici
per entrare in relazione e fare politica. Sara è ricercatrice biostatistica; Laura
è informatica e appassionata di filosofia.
Monica Luongo ha lavorato a l’Unità per 2 anni. Oggi è free lance, consulente
per i media di alcune Ong italiane, osservatrice elettorale per il Ministero
degli Esteri. È presidente della Società Italiana delle letterate.
Letizia Paolozzi ha lavorato all’Unità dal 1980 al 2000. Ha diretto la pagina
“L’una e l’altro” sui rapporti tra i sessi, la parità e la differenza. Ha scritto
saggi sull’informazione e il femminismo.
Bia Sarasini, giornalista, consulente editoriale e saggista, ha scritto e condotto
programmi di Radiotre, ha avuto un’importante esperienza nella redazione
di Noidonne, di cui è stata direttora per sei anni. Negli anni Ottanta
è stata tra le organizzatrici del Centro culturale Virginia Woolf-Università
delle Donne. Fa parte della Sil, (Società italiane delle letterate). È docente al
Master Politiche dell’Incontro dell’Università Roma Tre.
Alberto Leiss ha lavorato all’Unità dal 1974 al 2000, e poi come free lance.
Attualmente è direttore della Comunicazione del Comune di Genova. Ha
sempre cercato di fare un giornalismo politico non completamente preda del
giornalismo e della politica.
Diana Sartori fa parte della comunità filosofica femminile Diotima di Verona,
ha contribuito ai suoi vari testi collettanei e ne cura il sito e la rivista
on-line “per amore del mondo”. Insegna filosofia in un liceo della sua città,
Vicenza.
Rachele Muzio è laureata in DAMS all’università Roma Tre come redattrice
tradizionale e informatica di cinema, televisione e teatro. Ha realizzato e
gestisce diversi siti, tra i quali www.dwf.it, nella convinzione che l’utente ha
sempre ragione.
Annadebora Morabito è laureata in Lettere all’Università “La Sapienza”
di Roma con una tesi sull’analisi testuale del film “Lezioni di piano” a partire
dalla Feminist Film Theory. Al momento frequenta il Master “Formatori
esperti in pari opportunità. Women’s studies e identità di genere” presso
l’università Roma Tre. Collabora con la redazione di DWF come stagista.
Ornella Martini insegna Tecnologie dell’Istruzione e dell’Apprendimento
all’università Roma Tre e lavora nel Laboratorio di Tecnologie Audiovisive
dell’ateneo. Fa parte dello staff di gestione del Corso di Perfezionamento a
distanza Tecnologie per l’insegnamento. La sua ricerca indaga l’ipotesi di
una stretta relazione tra universi femminili e usi delle tecnologie.
L'articolo in versione integrale scelto per questo numero
Nota editoriale
di Patrizia Cacioli e Federica Giardini
Che viviamo in una società della comunicazione – o dell’informazione
– è un’ovvietà. Ce lo ricordano ancora e di nuovo, in modo più o meno
virulento, le notizie di cronaca politica di questi ultimi tempi: il successo
apocalittico e l’immediato ridimensionamento del mondo parallelo di
Second Life, la diffusione vertiginosa, “virale”, di messaggi, di video,
attraverso YouTube o MySpace, fino ai blog di Beppe Grillo che finiscono
per portare centinaia di migliaia di manifestanti in piazza e costringono
a risoppesare la politica e l’antipolitica. E, sconfinando dall’Italia,
l’ultimo video di Bin Laden, l’uso delle TIC (tecnologie dell’informazione
e comunicazione) nei paesi postcoloniali, le nuove grammatiche di
soggettività che si coagulano e rifluidificano proprio attraverso o grazie
alla rete. Meno ovvio è fare il punto su quanto l’uso della rete sia stato e
abbia modificato chi ha scelto di stare e attraversare il mondo con taglio
femminista. Insomma, ci siamo chieste e abbiamo chiesto ad altre come
e quanto la rete tocchi le forme della politica per parte di donne.
Sono poche le riflessioni politiche su questo passaggio interno al femminismo,
che attraversa diverse pratiche, ma anche diverse generazioni
e che, se non viene letto, rischia di confondersi con un mero adattamento
all’evoluzione del contemporaneo, un adeguamento indifferenziato
ai modi della presa di parola. La sensibilità su questo passaggio nasce
certo da uno sguardo sul mondo, sulle nostre relazioni, ma anche dai
passaggi che la stessa DWF sta compiendo (v. Rachele Muzio, DWF
online: la nascita di un progetto, 1, 2006): prossimamente la rivista,
che sta per l’appunto progettando una sua versione on line, annuncerà
infatti le proprie uscite con una newsletter.
Così DWF – che da questa uscita conta sulla collaborazione di Rosetta
Stella - si è rivolta a quelle che stanno effettivamente sperimentando
l’uso della rete, ha chiesto loro di raccontarlo, secondo una pratica di
narrazione: descrizione sì, ma anche capacità di nominare la posta in
gioco, il desiderio, gli spostamenti rispetto all’esistente.
Sempre più
l’agire politico delle donne fa uso della rete – in modi diversi, plurali
(Rete ICT e politica femminista). Lo consideriamo un passaggio di
cui rendere conto. Nelle sue opacità ma anche nelle sue aperture, in
una società mediatica che si lascia sempre più alle spalle la televisione
– mezzo passivo, mai amato dal femminismo – e circola per quel mezzo
più attivo, plurale, multiforme, relazionale che è Internet. Se la rete è
spesso invocata come luogo di massima trasparenza e democrazia, le
donne possono avere reazioni che sono di diffidenza (Non è questa la
politica), se però si tacita l’uso che comunque se ne fa. Ogni gruppo ha
fatto i conti con questa possibilità: riviste in versione on line (Filosofe
nella terza navigazione), gruppi esistenti o attivi primariamente on line
(Www.ecn.org/sexyschock), siti con le iniziative svolte, per non parlare
della valanga di mailing list in cui siamo implicate.
Al desiderio di sapere, si è aggiunta una sensibilità che è nei geni di
DWF, la memoria.
La redazione di una rivista che ha autorevolmente
accompagnato l’agire e il pensiero femminista fin dal 1976, quando
guarda al presente lo palpa nella sua consistenza memoriale, ne tocca
la trama fatta di fili presi, lasciati cadere, trascoloranti (Morbido, orale,
mimetico). Ma non ci siamo accontentate di giudicare l’uso della rete
secondo il crinale della perdita e del guadagno, abbiamo cercato di seguire
le trasformazioni della politica, secondo quella genealogia che
corre lungo le storie del femminismo (C’era una volta, la rete Lilith).
Presenza e relazioni sono infatti due nodi della politica delle donne.
Così abbiamo interrogato usi e sperimentazioni secondo due nodi che
si trovano al tempo stesso nella domanda e nelle risposte: le vicende
politiche della presenza e della relazione. Va subito registrato, allora,
che l’uso politico della rete ci sembra segnalare una crisi – un passaggio
fatto di chiusure ed aperture – dell’esserci. A suo tempo DWF è nata
sul finire della partecipazione di movimento che giocava sulla presenza
in piazza, per le strade, sul manifestarsi, interpretando e agendo un bisogno
di espressione più condensato, circoscritto a piccoli gruppi “con
oggetto” per rendere più efficace l’elaborazione del senso e la presa soggettiva su quel che stava accadendo. Oggi l’uso della rete sembra
segnalare un nuovo desiderio di confronto allargato, di condivisione
delle pratiche e dei progetti: a costo di pagare il prezzo di trasformare
l’essere in presenza in un fatto anche – mai soltanto – virtuale.
Che
disegno possiamo fare di questo momento? E che rapporti mantiene o
meno con quel che accadeva fino a poco tempo fa? Le trasformazioni
toccano moltissimi punti sensibili: cambia il linguaggio, cambia la relazione
con l’altra, cambia l’immaginario, cambiano anche le fantasie.
Se il femminismo è nato come movimento collettivo, oggi non si può
più parlare di una dimensione collettiva, ma semmai “diffusiva”, le
donne “consapevoli” sono dappertutto, al di là dei luoghi della tradizione.
Ieri c’era la molteplicità sì, ma si presentava volutamente in
un’interezza. Anche oggi esiste una pluralità, ma si presenta piuttosto
come frammentata (anche a causa di un aumento di lavoro o di attività
che, per quanto precarie, saturano il quotidiano di tutte noi). E la rete
si presta a questa frammentazione, asseconda il non intero: è un non
luogo, è un non corpo, è un non tempo che però dà l’occasione di essere
compresenti. Abbiamo vissuto una tendenza all’ipersoggettività, anche
nel pensiero collettivo, quando si esprimeva attraverso testi non firmati.
Adesso è certezza la mancanza di una dimensione collettiva che però
può anche portare a non individuarsi in modo da incontrare una molteplicità
eventuale e neutra.
Se il femminismo è nato dal bisogno di una
stanza tutta per sé, ora il luogo proprio è già connesso.
Queste novità hanno una valenza doppia: da una parte è una vittoria,
dall’altra può rendere meno scontato il senso di una storia condivisa,
ancora da scrivere.
Viene anche da chiedersi che fine abbia fatto in questo nuovo scenario
quel discorso vivente, fatto di corpo e parola, anzi, di corpo-parola, che
si dava nei gruppi di autocoscienza. Non siamo sequestrate dall’idea
che questo passaggio sia la fine di una politica in presenza, tuttavia
registriamo cambiamenti dagli esiti incerti. Le relazioni continuano ad
essere legate all’esserci del corpo, ma quale corpo? Fin dagli anni Settanta
il corpo selvaggio ha trovato le sue mediazioni, che andavano
dalla presa di parola alla scrittura politica.
Oggi questa scrittura si presenta
spesso, più che come un esito, come un punto di riavvio. La rete
può così rappresentare un venir meno delle mediazioni che si davano in
presenza: si presta ad essere un espositore, in cui l’ipertesto permette,attraverso i link, di dire tutto, sì, ma senza dire la realtà. Il rischio è che
la mancanza di gerarchia che caratterizza queste forme di comunicazione
non evidenzi il lavoro di selezione e di associazione che nasce da,
e ha per esito, un’elaborazione simbolica (Un filo sottile, ma inossidabile).
Il danno alla ricerca di senso può essere enorme. Lo stesso può
essere detto per le nuove forme di relazione con l’altra: certo, la rete
può intercettare molte e di queste molte possono restare “folgorate” da
un pensiero, da una narrazione, ma non basta (DeA- Donne e Altri).
Questioni complesse.
La realizzazione di questo numero ci ha comunque
convinte che l’online – a patto che lo sappiamo vedere e pensare
– più si allarga e più lavora per noi. Induce un rinnovato bisogno di
vicinanza, di selezione dell’informazione, di consolidamento della memoria.
Permette di sparigliare pensieri e posizionamenti creando nuove
letture dell’esistente. Ma la passione deve correre lungo la rete: soltanto
una rete appassionata riuscirà a muovere i corpi e quindi a restituire
quella presenza in relazione che ancora oggi riteniamo un condizione
ineliminabile per una politica femminista.
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