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Femminismi del mondo. A Sud
Introduzione,
di Monica Luongo
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A che punto siamo tra Nazioni Unite,femminismo transnazionale e cooperazione.
Una lettura dell’agire delle donne nel mondo globalizzato, di Bianca Pomeranzi
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Le femministe dell’Asia del Sud contro l’economia politica della morte, di Laura Corradi e Sangat
- Il femminismo indiano dall’osservatorio di Kali for Women.
Un’intervista con Urvashi Butalia, di Monica Capuani
- Il diritto delle donne alla terra.
Una storia di lotta e cambiamento dal Brasile, di Beatrice Costa
- L’esperienza del Mozambico, di Monica Luongo
- A proposito della discussione sulla proposta di legge contro la violenza domestica: a che serve avere un grande numero di donne in Parlamento?, di Maria Josè Arthur
- Una donna, le radici delle relazioni italiane con il Mozambico, di Raffaella Chiodo Karpinsky
POLIEDRA
SELECTA
NOTA EDITORIALE
di Paola Bono
Leggi tutta la nota editoriale
"Dopo “Che cosa vuole una donna” e “Femminismi d’Europa”, è questa la terza tappa del percorso intrapreso quest’anno da DWF, in un partire da sé che dall’interrogazione dei nostri desideri e disincanti rispetto alla politica e alle donne in politica ci ha portato a guardare altrove, prima a quanto accade in altri paesi europei e poi alla complessa e troppo sconosciuta galassia dei movimenti femminili/femministi dei Sud del mondo. Senza puntare a una panoramica esaustiva, ci siamo mosse come è nostro uso per relazioni, facendo leva sulla passione e sulle competenze di donne a noi vicine (Monica Luongo, Bianca Pomeranzi, Monica Capuani) per presentare esperienze significative che possono parlare alla nostra diversa realtà...
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Femminismi del mondo. A Sud
Introduzione
di Monica Luongo
"Mentre scrivo queste righe per DWF mi capita di rileggere
Orientalismo di Edward Said. Scritto nel 1975, conserva una freschezza
nell’analisi e soprattutto individua la persistenza di un approccio
(quello del mondo occidentale nei confronti di quello orientale) che
non muore, anzi appare rafforzato dalle campagne anti-terrorismo/antiislam.
Scrive infatti Said:..."
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A che punto siamo tra Nazioni Unite, femminismo transnazionale e cooperazione.
Una lettura dell’agire delle donne nel mondo globalizzato
di Bianca Pomeranzi
"Difficile sfuggire alla domanda su quello che le donne hanno da dire sulla
contemporaneità e su quello che rappresentano in una fase così complessa
di transizione e di crisi di civiltà. Impossibile forse, per una femminista
occidentale come me che cerca di mantenere un filo di un ragionamento
avviato più di trenta anni fa, quando il partire da sé assumeva una passione
radicale e una tensione rivoluzionaria, perché la presa di parola delle
donne trasformava le regole della convivenza. Quel filo, agito nel movimento
e nelle istituzioni, è ormai una matassa intrecciata e complessa,
come le strisce da rammendo multicolori che apparentemente dovrebbero
servire a riparazioni veloci e invece quasi subito si aggrovigliano al punto
che non si riesce più a trovare il capo di ogni filo e non si può separarlo
dagli altri senza strappi e ulteriori nodi..."
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Le femministe dell’Asia del Sud contro l’economia politica della morte
di Laura Corradi e Sangat
"Nel luglio 2006 un gruppo di quaranta femministe dell’Asia del Sud si
incontrano per cinque giorni a Negombo, Sri Lanka, per il primo South
Asian Feminist Meet organizzato dalla Sangat (South Asian Network
of Gender Activists & Trainers), per interrogarsi sulle sfide e sulle prospettive
dell’attivismo femminista nel ventunesimo secolo. L’acronimo
“sangat” è anche una parola dotata di senso: in alcune lingue sudasiatiche
significa “l’incontro di persone simili nella mente” e ben
indica la forte enfasi che la rete pone sul comune sentimento, e sulla
convinzione che il capirsi, la pace e la cooperazione siano necessari
elementi di progresso nella regione. Scrivono nell’incipit della South
Asian Feminist Declaration:..."
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Il femminismo indiano dall’osservatorio di Kali for Women.
Un’intervista con Urvashi Butalia
di Monica Capuani
"La casa editrice Zubaan, dove Urvashi Butalia ci ha dato appuntamento,
si trova nel quartiere di Hauz Khas, che le guide definiscono la Soho
di Delhi. Ovviamente delle guide bisogna diffidare, soprattutto quando
si tratta dell’India, dove tutto è diverso da come lo vendono operatori
e riviste di viaggio e dove le cose sono dieci volte più difficile di quanto
ci si aspetti. Io e Simona Cagnasso, la fotografa con la quale sto
affrontando questo viaggio, lo abbiamo capito sulla nostra pelle.
Prendiamo un taxi dal centro, se Connaught Place si può definire “centro”
rispetto a una città che si estende in modo sfuggente proprio come
una macchia d’olio, con quartieri medioevali e zone residenziali a
prato inglese che si appoggiano con disinvoltura gli uni sulle altre.
Contrattiamo un prezzo con il tassista di turno e ci avventuriamo verso
il sud della metropoli nel traffico strombazzante e venefico della capitale
indiana..."
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Il diritto delle donne alla terra.
Una storia di lotta e cambiamento dal Brasile
di Beatrice Costa
"La recente crisi dei prezzi dei prodotti alimentari ha riportato all’attenzione
dei media l’agricoltura, attività un po’ dimenticata dal cittadino
occidentale medio, che visita più frequentemente i supermercati delle
fattorie. Settore in cui è impiegato il 40% circa della popolazione mondiale
con differenze intuibili per aree geografiche (si dedicano all’agricoltura
quattro quinti degli etiopi e solo due statunitensi su cento) e per
sesso (sono le donne a fornire il 60% della produzione alimentare asiatica).
Guardando in particolare alla dimensione femminile della sovranità
alimentare si scoprono elementi interessanti. Uno studio recente su
63 Paesi ha concluso che i miglioramenti nell’istruzione delle donne
sono il contributo più significativo alla diminuzione della malnutrizione
registrata tra il 1970 e il 1995...."
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L’esperienza del Mozambico
di Monica Luongo
"Nei primi anni Novanta la Cooperazione italiana (grazie a Bianca
Pomeranzi) e la Ong Molisv/Movimondo (nella persona di Raffaella
Chiodo Karpinsky) contribuiscono alla creazione di un Dipartimento di
studi di genere all’interno del CEA (Centro Estudos Africanos) nell’università
Edoardo Mondlane a Maputo, Mozambico (vedi Estudos
Moçambicanos 2005). La guerra è appena finita e sono seguiti gli
accordi di pace di Roma di cui più avanti scrive Chiodo Karpinsky.
Si tratta di tempi in cui in Italia praticamente solo Pomeranzi e Paola
Melchiorri parlano di femminismo transnazionale e si accorgono di
quello che sta succedendo alle donne dei Sud del mondo: presa di parola,
affermazione di sé, lobbying, creazione di nuove pratiche di relazione
e intervento sul territorio. Soprattutto quello in Mozambico è uno
dei primi tentativi di mettere in comunicazione due parti di mondo da
parte della cooperazione italiana in ambito di genere..."
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A proposito della discussione sulla proposta di legge contro la violenza domestica: a che serve avere un grande numero di donne in Parlamento?
di Maria Josè Arthur
Da due legislature il Mozambico si distacca dal panorama africano e da
quello internazionale in genere per il fatto di avere una grande percentuale
di donne deputate nel parlamento nazionale. È un dato che è servito
a mostrare il compromesso tra governo democratico e avanzamento
delle pari opportunità. Da ciò sembrerebbe normale dedurre che
avere un numero maggiore di donne al livello del potere legislativo
darebbe maggior rilievo alle necessità e agli interessi delle donne, proprio
perché esiste uno spazio per affermare una agenda al femminile.
Abbandonando il tono trionfalista molte voci, in particolar modo le
Ong che lottano per i diritti umani delle donne si interrogano su questa
corrispondenza automatica. In altre parole, sarà sufficiente essere
donna, avere utero, ovaie e seno per essere automaticamente sensibili
ai problemi delle donne e alle strutture che le discriminano e opprimono?
Chi sono le donne deputate? Quale il loro percorso? Come sono
arrivate al potere e quali ostacoli incontrano? Hanno libertà di voto in
dissonanza con il gruppo politico di appartenenza quando si tratta di
difendere gli interessi delle donne anche quando questi non portano al
consenso?..."
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Una donna, le radici delle relazioni italiane con il Mozambico
di Raffaella Chiodo Karpinsky
"...Comincia così un breve capitolo biografico scritto con Bianca Maria
Scarcia Amoretti per una pubblicazione dedicata alle donne che hanno
contribuito in modo significativo a costruire la storia del nostro paese.
Voglio cominciare da qui per raccontare un pezzetto di storia di relazioni
fra donne italiane e mozambicane. È quella di Dina Forti, una donna
che ha segnato in modo decisivo e originale la storia delle relazioni non
solo fra Italia e Mozambico ma fra l’Italia e l’intero continente
Africano. È fuor di dubbio che a lei dobbiamo le più significative e
positive relazioni con l’Africa. Il suo personalissimo agire ebbe inizio
nel quadro della sinistra italiana e specificamente per conto del PCI
dell’immediato dopoguerra e fino a giorni più vicini ad oggi, per il
quale Dina ha scritto pagine straordinarie di rapporti con i movimenti
di liberazione del continente ed in particolare della regione dell’Africa
Australe e soprattutto del Mozambico..."
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L’impatto del "Doi Mói"
di Alessandra Chiricosta
"Dopo aver affrontato più di cinquant’anni di guerra, l’embargo statunitense
(conclusosi nel 1994) e la crisi economica asiatica del 1997, il
Vietnam sta ora sperimentando un nuovo modello sociale ed economico,
il cosiddetto “socialismo di mercato” mostrando in ciò un’impressionante
potenzialità economica e la capacità di gestire una transizione
sostenibile da un sistema collettivistico ad uno differente. Inoltre, negli
ultimi decenni il Vietnam ha effettuato progressi decisivi nella riduzione
della disparità di genere. Nell’area del Sudest Asiatico e nella regione
del Pacifico, il Vietnam si distingue proprio per i successi ottenuti in
tal direzione negli ultimi 20 anni. Secondo i dati offerti dal Gender
Development Index, il Vietnam si trova all’ottantesimo posto su 136
Paesi, e sessantunesimo su 154 stando al Gender Equity Index del
2007.
Questi sforzi hanno trovato esito in un alto tasso di alfabetizzazione sia
maschile che femminile e nella più alta percentuale della regione di
donne in Parlamento (almeno il 27% sin dal 2002).
Il Vietnam è inoltre una nazione che vanta anche uno dei tassi più alti
di partecipazione al mercato del lavoro: 85% degli uomini e l’83%
delle donne tra i 15 e i 60 anni hanno partecipato attivamente nel
mondo del lavoro nel 2002 (Vietnam Development Report 2004)..."
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La agency delle donne tra occupazione, famiglia patriarcale e revivalismo islamico. Il caso palestinese
di Ruba Salih
"La centralità della famiglia e delle sue gerarchie come unità base della
società è un elemento indispensabile per comprendere la specificità
della nozione e pratica della cittadinanza in Medio Oriente. Mentre
infatti le costituzioni della maggior parte degli Stati occidentali definisce
come unità base della società l’individuo, nelle società mediorientali
le costituzioni identificano nella famiglia l’unità base della società.
La cittadinanza moderna, che nasceva in Europa come superamento dei
legami particolaristici che legavano gli individui alla famiglia, alla
comunità o al villaggio, si definiva come una serie di relazioni contrattuali
tra l’“individuo” detentore di diritti e proprietario di sé stesso, e lo
Stato. La critica femminista ha da tempo messo in discussione la neutralità
del soggetto-cittadino, mostrando come le donne siano state storicamente
escluse dal contratto sociale, in quanto la cittadinanza
moderna ha comportato un passaggio di potere dai padri (patriarcato)
ai figli maschi (fratellanza) (vedi Pateman 1989)..."
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Recensioni e schede
di D’Amelia, Ricaldone, Stella, Guarracino, Sarra
LORELLA REALE (a cura di), Futuro femminile. Passioni e ragioni nelle voci del femminismo dal dopoguerra ad oggi, un libro e un dvd in cofanetto, Roma: Sossella,
2008
"Raccontare la storia del femminismo
non è mai stata un operazione
facile in Italia. Lo sappiamo da
tempo e vari sono stati anche i tentativi
di dar conto delle difficoltà e
delle resistenze in proposito: dalla
prevalenza dell’oralità alla reticenza
a tradurre la densità delle esperienze
in un bilancio, dalla difficoltà
di trasformare la memoria in storia
alla mancanza di un interpretazione
consensuale, ecc. ecc. Fatto
sta che chi oggi volesse saperne
qualcosa o addirittura proporsi di
tenere un corso di storia sul femminismo
italiano si troverebbe di
fronte a non poche difficoltà documentarie...." (Marina D'Amelia)
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PAOLA BONO e LAURA FORTINI (a cura di), Il romanzo del divenire. Un Bildungsroman delle donne?, Roma: Iacobelli, 2007, pp. 231
"Dopo Oltrecanone. Per una cartografia
della scrittura femminile (a
cura di Anna Maria Crispino, Roma:
manifestolibri, 2003) e Movimenti di
felicità. Storie, strutture e figure del
desiderio (a cura di Donatella Alesi
e Laura Fortini, Roma: manifestolibri,
2004), esce il volume Il romanzo
del divenire. Un Bildungsroman
delle donne?, che raccoglie i risultati
del terzo incontro del Seminario
Estivo Residenziale della Società
Italiana delle Letterate avvenuto a
Trevignano nel giugno 2002.
Sul tema – le “storie di formazione”
delle donne – non esiste in Italia quasi
alcuna bibliografia; e nel volume,
che dunque ha fra l’altro il pregio di
costituire un importante precedente
bibliografico, si contano dieci contributi..." (Luisa Ricaldone)
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ROSSANA ROSSANDA e MANUELA FRAIRE, La perdita, a cura di Lea Meandri,Torino: Bollati Boringhieri, 2008, pp. 79
"Grazie a Lea Melandri, per avere
avuto l’idea di riproporre alla lettura
il dialogo sulla perdita che
Rossana Rossanda e Manuela
Fraire svolsero qualche anno fa e
allora pubblicato sulla Rivista di
psicologia analitica (n. 69, 2004)
col titolo “Perdere cosa? Perdere
cosa?” Il testo si arricchisce ora di
un commento della stessa Lea
Melandri – e non importa se, come
lei spiega, sia stata mossa in questo
progetto dal desiderio di rendere il
testo disponibile a chi non avesse
ancora avuto l’occasione di accostarlo,
o “dalla fantasia di potersi
ritagliare una parte, a lato e come
una discreta accompagnatrice,
rispetto al fluire di un discorso
denso di suggestioni intellettuali ed
emotive, catalizzatore di memoria
e, insieme, di grandi narrazioni storiche”....." (Rosetta Stella)
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SUSAN McCLARY, Georges Bizet. Carmen, a cura di Annamaria Cecconi, Milano: Rugginenti, 2008, pp. 221 + xxviii
"La lettura di Georges Bizet. Carmen
mi riporta alla mente un momento
di rivelazione vissuto nel 2006
quando, mentre assistevo al nuovo
allestimento dell’opera all’Arena di
Verona, un temporale costrinse a
sospendere la rappresentazione alla
fine del terzo atto. Quella sera
Carmen uscì di scena così, libera da
Don José, suo amante e persecutore
(oggi forse si userebbe la parola
stalker). Per una volta, egli non
l’avrebbe raggiunta a Siviglia per massacrarla
a pugnalate come nella
peggior cronaca nera, rea di essersi
sottratta all’autorità sua e del
patriarcato bianco. Per una volta il
pubblico è stato in grado di intuire
ciò che intende Susan McClary
quando, nella prefazione a questo
volume, scrive che “gran parte della
critica femminista del cinema e dell’opera
ha affermato che bisognerebbe
ignorare i finali – il luogo in
cui la chiusa narrativa manifesta sé
stessa – e concentrarsi invece sulla
potenza vocale e sul vitalismo di
personaggi come Carmen” (p. xiv)...." (Serena Guarracino)
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CRISTINA BRACCHI (a cura
di), Le Dissenzienti. Narrazioni e
soggetti letterari, San Cesario di
Lecce: Manni, 2007, pp. 184
"La forza femminile che attraversa
ogni saggio di questo caleidoscopico
testo, a metà strada tra memoria
storica e introspezione letteraria,
mostra in maniera nitida e circolare
le mille realtà dell’universo femminile
delineandone i contorni attraverso
dicotomie soggetto-testo
distanti dalle classiche visioni a
volte devianti ed omologanti.
Il testo è diviso in due macrogruppi,
“Realtà e Romanzo” e “Storia e
Scrittura del sé” che, attraverso i
suoi dieci saggi, raccoglie i punti di
vista di autrici differenti per provenienza
geografica e culturale, per
esperienze di vita e approcci,
dall’Europa agli Stati Uniti attraverso
tutto il Novecento.
I saggi ruotano intorno ad un punto
cardine, quello della letteratura
come dissenso; una letteratura non
più vista come militante, e dunque
collettiva, ma come momento soggettivo
capace di raccontare e presentare
la singolarità dell’esperienza
del dissentire, che muta la realtà
e le fa, a volte, da specchio..." (Giada Sarra)
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Le autrici
Monica Luongo, giornalista, ha lavorato all’Unità. Oggi si occupa di donne e
sviluppo per la cooperazione italiana, è osservatrice elettorale per l’Unione
Europea e l’Osce, e collabora al Master in “Politiche dell’incontro”
dell’Università Roma Tre. Fa parte della Società Italiana delle Letterate, di cui
è stata presidente, ha contribuito a creare il sito DeA (Donne e Altri), ed è nella
redazione della rivista Leggendaria. (> pagina dell'autrice)
Bianca M. Pomeranzi, femminista e esperta di tematiche di genere e sviluppo,
è stata nel 1981 co-fondatrice di AIDOS, la prima Ong italiana dedicata
a questa materia. Da circa venti anni lavora come senior gender advisor presso
l’Unità Tecnica Centrale della Direzione Generale per la Cooperazione
allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri. Ha pubblicato su riviste italiane
e straniere articoli sul femminismo transnazionale e sul ruolo delle
donne nella globalizzazione.
(> pagina dell'autrice)
Laura Corradi è una studiosa e attivista, critica della globalizzazione, impegnata
nei movimenti eco-femministi, contro la guerra e per la salute ambientale.
Con un passato come operaia di catena in fabbrica, autodidatta, ha poi vinto
borse di studio, preso un dottorato e insegnato presso la University of
California, pubblicando diversi libri e articoli.
Ora svolge ricerca prevalentemente in India, sulle conseguenze del neoliberismo.
È ricercatrice e docente di Studi di genere e di Sociologia della Salute
e dell’ambiente presso la Facoltà di Scienze Politiche, Università della
Calabria.
Monica Capuani, giornalista e traduttrice, lavora da dieci anni come freelance
con articoli e inchieste per testate come L’Espresso, La Repubblica, Il
Mondo, D-La Repubblica delle Donne, Marie Claire, Class, il settimanale francese
Paris Match, il mensile austriaco X-Ray, e molte altre. Molteplice la sua
attività di traduttrice e di acquisitrice di diritti di testi narrativi e teatrali, tra i
quali I monologhi della vagina di Eve Ensler, che ha tradotto e prodotto in
Italia.(> pagina dell'autrice)
Beatrice Costa, nata a Milano nel 1981, laureata in Scienze Internazionali e
Diplomatiche a Torino nel 2005, dal settembre del 2004 lavora per ActionAid.
Dal novembre del 2007 coordina il programma sui Diritti delle Donne per
ActionAid in Italia nel quadro delle attività di ricerche e advocacy dell’associazione.
È attiva nel Gruppo Politiche di Genere degli Stati Generali costituitosi alla fine del 2006. Nel tempo libero studia teologia e segue corsi e seminari di
recitazione teatrale.
Maria Josè Arthur insegna antropologia sociale presso la Facoltà di Scienze
sociali della Università Edoardo Mondlane di Maputo. È ricercatrice permanente
di WLSA (Women and Law in Southern Africa), organizzazione non
governativa attiva in sette paesi dell’Africa australe: Botswana, Lesotho,
Malawi, Mozambico, Swazilandia, Zambia e Zimbabwe, che fa ricerche sulla
situazione dei diritti delle donne.
A partire dalla consapevolezza di una situazione di ingiustizia sociale a danno
delle donne, WLSA Mozambico agisce per assicurare l’uguaglianza di genere
contro le strutture di potere patriarcali responsabili della subordinazione delle
donne.
Raffaella Chiodo Karpinski, freelance, collabora con la rivista della cooperazione
italiana Ilaria, e con radio e riviste su temi di politica internazionale e in
particolare dell’Africa.
Da circa 25 anni è impegnata nel campo della solidarietà e cooperazione internazionale,
con Ong, associazioni, networks internazionali, istituzioni locali e
nazionali. Osservatrice per l’AWEPA, l’UE e le NU, nei processi di pace e
democratizzazione ed elettorali in Mozambico, Sudafrica e Angola, e con
l’OSCE nelle elezioni in Russia e in Ukraina.
Coordinatrice della campagna italiana per la cancellazione del debito, tra le
promotrici degli Stati Generali della solidarietà e cooperazione internazionale
e della Rete Internazionale delle Donne per la Pace, fa parte del direttivo della
Tavola della Pace.
Alessandra Chiricosta, filosofa e storica delle religioni specializzata in culture
dell’Estremo Oriente e del Sudest asiatico. Si occupa di questioni relative
all’intercultura, al dialogo filosofico-religioso, alle minoranze etniche, agli
studi di gender e alle arti marziali.
Ha collaborato con l’Università di Hanoi, con l’Ambasciata d’Italia in Viet
Nam, con l’Università di Roma La Sapienza e con l’Università Roma Tre,
dove ha ottenuto un Master in “Scienze della Cultura e della Religione” e un
dottorato in Filosofia. Oltre ad articoli specialistici ha pubblicato con Bulzoni
I sensi del sincretismo (con Mazzoleni e Franceschelli, 2004) e Oltre i confini
(2005); ha tradotto e curato Il vero significato del Signore del Cielo di Matteo
Ricci (Urbaniana University Press, 2006)
Ruba Salih è un’antropologa sociale. Ha ottenuto un PhD in Social
Anthropology presso la University of Sussex nel 2000. Attualmente è senior
lecturer presso l’Institute of Arab and Islamic Studies, University of Exeter,
UK. Svolge anche attività di docenza presso l’Università di Bologna. È autrice
di Gender in Transnationalism. Home, Longing and Belonging among
Moroccan Migrant Women, Londra: Routledge, 2003 e di Musulmane Rivelate.
Genere, Islam, Modernità, in corso di stampa per Carocci. Ha pubblicato
numerosi saggi su migrazioni, islam, genere tra il Mediterraneo e l’Europa,
multiculturalismo, islam e cittadinanza in Medio Oriente.
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Leggi tutta la nota editoriale
di Paola Bono
Dopo “Che cosa vuole una donna” e “Femminismi d’Europa”, è questa
la terza tappa del percorso che DWF ha scelto di intraprendere quest’anno,
in un partire da sé che dall’interrogazione del nostro presente
– dei nostri desideri e anche disincanti rispetto alla politica e alle donne
in politica – ci ha portato a guardare oltre i confini dell’Italia, prima ad
alcune donne con cui siamo in relazione in diversi paesi europei e poi
a quella ricca, complessa, troppo sconosciuta galassia che sono i movimenti
femminili/femministi in altri continenti.
Anche in questo caso, non abbiamo puntato a una panoramica esaustiva,
ma ci siamo mosse per relazioni – innanzitutto coinvolgendo nella
preparazione del numero Monica Luongo, che con noi ne ha discusso
le domande di partenza, portando il contributo della sua esperienza,
conoscenza e passione, e ha scritto il saggio introduttivo del numero;
alla sua mediazione dobbiamo alcuni tra gli interventi qui raccolti:
quello di Beatrice Costa sulla lotta delle raccoglitrici di noce babaçu in
Brasile e gli articoli di Raffaella Chiodo Karpinsky e di Maria Josè
Arthur sulla situazione mozambicana.
Le domande di Arthur ci sono
sembrate risuonare con dibattiti anche qui attuali, sul senso o forse il
non-senso della rappresentanza di sesso, sull’utilità e i limiti di un
allargamento di tale rappresentanza.
Bianca Pomeranzi e Monica Capuani, entrambe già più volte presenti
sulle pagine di DWF, hanno nuovamente scritto per noi, l’una attingendo
alla lunga pratica di lavoro e di tessitura politica con donne di tutto
il mondo per offrire un quadro storico della situazione delle reti transnazionali,
l’altra intervistando la fondatrice e “anima” di Kali for Women, prima casa editrice femminista in India. Sempre dell’India,
infine, parla Laura Corradi – e ringraziamo Ambra Pirri per averci
messo in contatto con lei – presentando alcune sezioni del denso
Manifesto di Sangat (South Asian Network of Gender Activists &
Trainers), con la sua critica giusta e feroce alle politiche mondiali che
privilegiano una “economia di morte”.
Diversamente da quanto di solito avviene, anche la sezione Poliedra si
tiene aderente al tema del numero, con i due articoli di Alessandra
Chiricosta, che illumina per noi un altro angolo del Sudest asiatico scrivendo
dell’impatto della politica del Doi Mói (Rinnovamento) sulle
questioni di genere in Vietnam, e di Ruba Salih che indaga la agency
delle donne palestinesi in relazione al concetto di cittadinanza così
come esso viene articolato in Medio Oriente.
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